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L’Accorsi ritrovato

L’Accorsi ritrovato

Dopo due anni di assenza, il “divo italiano” Stefano Accorsi ritorna sulle scene con un film intenso, struggente, di qualità, girato da un regista esperto come Carlo Mazzacurati e affiancato dalla sempre più convincente Maya Sansa. La pellicola, liberamente ispirata al romanzo Una relazione di Carlo Cassola, racconta una storia d’amore assoluta, profonda, lacerante, che travolge i due protagonisti sconvolgendo le loro vite. La grande semplicità dei sentimenti, la dolcezza con cui lo spettatore è invitato ad assaporare ogni singolo istante di questa relazione, rendono la storia d’amore tra Giovanni e Maria una storia universale, senza tempo e costituiscono un invito alla riflessione sull’importanza di ogni attimo, purchè vissuto intensamente.

La cornice, una splendida Italia sull’orlo del precipizio: siamo nel 1936, e tutto quanto nel film è curato minuziosamente, dalle scenografie, agli abiti, ai dialoghi. Tutto, tranne i due protagonisti, che Mazzacurati ha voluto privare di molte caratterizzazioni (l’inflessione dialettale innanzitutto) per renderli, agli occhi dello spettatore odierno, eterni e assoluti.
Appropriata, e assai toccante, la scena con cui si apre il film, con il treno (tema centrale nella storia) che scivola pigro lungo il paesaggio tirrenico, sulle note di Le passanti, cantata da De Andrè; le parole della canzone, infatti, seguono perfettamente lo sviluppo della scena, priva di dialoghi, in cui Accorsi si mostra attratto dalle donne che incontra sul treno, a volte quasi feticisticamente.

Nei panni di Giovanni, Accorsi offre un’ottima prova d’attore (l’ennesima), portando sulla scena un personaggio maturo, completo ed equilibrato. Ma il valore aggiunto è portato dalla splendida Maya Sansa, che rende Maria malinconica e forte, anche grazie a un sorriso luminoso e a uno sguardo intenso; l’attrice conferma (ma non ce n’era bisogno) grandissime qualità, e dà vita a un personaggio profondo, di meravigliosa femminilità, probabilmente la sua migliore prova. Fondamentale anche la prova di Marco Messeri (Franchino) il cui personaggio è di vitale importanza nel veicolare il senso profondo del film; Messeri, infatti, rappresenta l’ottimismo, la forza di andare sempre avanti e di saper vivere quello che ci è concesso con gratitudine e pienezza, accettando i propri limiti senza soffrire.

In sostanza un buon film, toccante e ben pensato, che fa riflettere sui mille aspetti di una storia d’amore che può appartenere a ciascuno di noi; in più, il cinema italiano ritrova il suo interprete più affermato in splendida forma, dopo un silenzio creativo durato due anni e finalmente interrotto.

Link correlati:

• Intervista a Maya Sansa e Stefano Accorsi
• Articolo sul rapporto tra il film di Mazzacurati e il libro di Cassola

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