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cultura dell'immagine e della parola

Stereotipi da incasso

Stereotipi da incasso

Non molto alto, decisamente soprappeso, occhi piccoli e bocca storta. Non serve sentire l’accento per identificare lo stereotipo del capo famiglia siciliano, emigrato o meno dalla propria terra con il proprio bagaglio di tradizioni e soprattutto la Famiglia.
Zii, cugini, cognati accompagnano l’emigrante italiano assieme agli immancabili pizza, spaghetti, mandolino, mamma. Ve lo immaginate un film costruito sulla famiglia di un imprenditore piemontese? Il binomio non torna: all’estero, e soprattutto in America, essere italiano significa parlare biascicato, indossare bei vestiti un po’ troppo appariscenti, ragionare per questioni di onore. Essere meridionali insomma, quel tipo di stereotipo di meridionale forse in via di estinzione ma sempre uguale a se stesso in ogni racconto tanto da chiedersi se a lungo andare non sia stata la letteratura a creare certe usanze e non viceversa.
Ma fare un film su di una famiglia di immigrati siciliani in Canada era troppo riduttivo, considerata l’abbondanza di opere de genere. Ideale prosecuzione del Grosso grasso matrimonio greco (My big fat greek wedding, Joel Zwick, 2001), resta il problema di diversificare l’offerta. Certo è ghiotto accanirsi sui costumi dei poveri italiani, ma si rischiava il doppione: troppe similitudini con lo stile dei mediterranei greci. E allora ecco un protagonista non solo italiano, ma anche gay!
Il gay è grazioso, leggermente effeminato, timido e mite. Il suo fidanzato non può che essere un poliziotto abbronzato, pieno di muscoli e sempre in canottiera. Meglio se con i capelli a zero.
Immaginare due condizioni più inconciliabili non si poteva, e ora ce n’è abbastanza per infarcire di situazioni prevedibili e gag di repertorio una storia, ormai a metà tra il documentario-faceto e la love comedy-omosex.
Senza mai scostarsi dal politicamente corretto, senza commettere gravi imperfezioni, senza nemmeno puntare in alto e con dei dialoghi non sempre riusciti, ci accontenta un po’ tutti. Gli italiani, che dopotutto sono più moderni di quello che sembrano, e gli omosessuali, gente per bene anche loro. Tra un mambo e un gay-village almeno qualche stereotipo andava sfatato.

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