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La benda che uccide

La benda che uccide

All’inizio del film gli scavi nella Valle dei Re sembrano annunciare un remake classico e ricco di mistero ma dopo pochi minuti, insieme a Christopher Lee, si disgrega anche la speranza di assistere ad un remake degno degli originali. Nel mix di horror e fantasy che gli autori hanno ideato è quest’ultimo a prevalere e la storia va avanti con ingenue trovate da film anni 50 alla Ed Wood* che fanno solo sorridere lo spettatore smaliziato di oggi. La mummia assassina appare inizialmente come una benda animata, poi come un enorme ragno che striscia lungo le pareti e finalmente come una mummia classica. La scenografia cerca continuamente di stupire ma, a parte l’idea del sarcofago sospeso nella tomba, lo sforzo non paga. Talos appare privo di atmosfera e mistero e girato in maniera approssimativa nonostante la lunga esperienza di Mulcahy nei videoclip musicali. La sceneggiatura mescola con disinvoltura leggende egizie, miti greci e iconografia cristiana creando solo una grande confusione che raggiunge l’apice comico con la seduta spiritica per il “transfert psicofisico”. I personaggi e la recitazione sono approssimativi, i dialoghi artificiali ormai in disuso anche nei telefilm. Scott Lee, totalmente inespressivo, interpreta un detective che fa il verso allo stereotipo dell’agente FBI e Shelley Duvall, nei panni di una chiromante, preferiamo ricordarla in Nashville (Robert Altman, 1975) e in Shining (Stanley Kubrick, 1979). Il vero colpo della produzione è stato l’ingaggio di Christopher Lee, icona del cinema horror, che interpretò una memorabile mummia 39 anni prima; una prova di pochi minuti utile solamente come pubblicità per il film. Il risultato finale rimane molto lontano da La mummia espressionista di Karl Freund (1932) e da quella artigianale in technicolor di Terence Fisher (1959) prodotta dalla storica Hammer. Per la mummia un ennesimo inutile risveglio.

Curiosità:
Le bende animate con cui si presenta la mummia sono state realizzate con strisce di lattice dipinte di marrone, nero e verde per simulare tracce di cera d’api e del liquido di imbalsamazione Mulcahy ha spiegato che l’idea di “Talos” nasce per colmare una delusione della sua infanzia causata dall’assenza nella pellicola di Fisher del 1959 della scena, rappresentata nella locandina del film, del foro di luce che attraversa le bende della mummia

*Ed Wood è stato, negli anni 50, un regista di b-movies a bassissimo costo reso celebre negli ultimi anni grazie al film a lui dedicato da Tim Burton nel 1995 “Ed Wood-il peggiore regista di tutti i tempi” con Johnny Depp nei panni del regista.

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