Vendetta? No, Punizione!
Arriva sugli schermi cinematografici un nuovo film direttamente ispirato ad un eroe dei fumetti americani della Marvel: il Punitore. Rispetto alle produzioni che lo hanno preceduto, il personaggio presenta tutta una serie di differenze rilevanti: non è dotato dell’agilità di Spider-Man, non possiede il fattore mutante degli X-Men, non è in grado di captare il mondo circostante tramite un radar interno come Daredevil e, soprattutto, non è verde come Hulk! Al contrario, è una persona comune che agisce spinta soltanto da una ferrea determinazione, sfruttando la lunga esperienza di combattente nelle fila dell’ FBI. Qui non si narrano le gesta di un supereroe, ma una cruda storia di vendetta e redenzione. O, perlomeno, così dovrebbe essere; il problema principale dell’opera di Hensleigh, infatti, sta nel fatto di non essere riuscito a carpire l’essenza del protagonista: per troppo tempo si rimane in attesa di vedere compiersi quella sanguinaria carneficina vendicativa che tutti si aspetterebbero da un vigilante vestito di nero che erge a simbolo della sua immagine un inquietante teschio ghignante.
Dopo aver assistito ad un ottimo incipit, sapiente rielaborazione della trama originale del fumetto resa qui ancora più avvincente e profonda dal punto di vista drammaturgico, il plot si sviluppa in maniera appassionante, coinvolgendo lo spettatore nel doloroso tormento di Travolta prima e di Jane poi, grazie anche all’ottima interpretazione dei due attori. I problemi si manifestano nella fase successiva alla tragedia: il processo psicologico che porta un uomo ligio al dovere e rispettoso della legge come Frank Castle a rinnegare tutto ciò in cui ha sempre creduto per trasformarsi in uno spietato vendicatore non viene rappresentato in maniera sufficientemente convincente. Rispetto agli altri protagonisti dei fumetti Marvel, Castle si presenta menomato a livello di super poteri e, quindi, meno adatto ad una messa in scena spettacolistica; d’altro canto la complessità d’animo di questo personaggio segna il suo maggiore punto di forza e, pertanto, avrebbe dovuto essere sviluppata con particolare attenzione. Il regista avrebbe dovuto concentrare gli sforzi maggiori nella rappresentazione di un conflitto interiore capace alla fine di esplodere in modo violento dando vita ad una vera macchina vendicatrice. Nel film, invece, i risultati meno convincenti si registrano proprio nella fase centrale della pellicola, cioè quella che mostra la genesi dell’uccisore, nato dal fuoco della rabbia dell’uomo.
Il nucleo drammatico del film sembra mancare del necessario spessore narrativo. Quando, alla fine, Frank Castle impugna le sue armi per guerreggiare contro malavitosi e criminali si assiste ad una crescita qualitativa dell’opera, che sembra procedere con passo più convinto, deciso ed appassionante. La tenacia e la decisione del giustiziere finiscono con il contagiare la platea, estasiata dal motto del protagonista: “Vendetta? No, punizione!”
A cura di Simone Penati
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