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Splatter a metà

Splatter a metà

Le attese per l’esordio alla regia di Rob Zombie, l’eroe dello shock metal, erano molte. La casa dei mille corpi è infatti stato girato nel 2000, ma prima la Universal, poi la Mgm si sono rifiutate di distribuirlo. Ufficialmente per l’estrema violenza e per la pesantezza di alcuni suoi contenuti. In realtà probabilmente le due major avevano valutato il film per quello che in realtà è, cioè un mediocre miscuglio del cinema gore dell’ultimo trentennio.

L’inizio del film in realtà, per quanto sconclusionato, indurrebbe a pensare ad una pellicola originale e divertente ambientata nel negozio di articoli dell’orrore. Ma quando i quattro ragazzi si avventurano nel bosco e sono costretti ad abbandonare la macchina, il gioco è fatto. Ovviamente andranno a finire in una casa isolata, ovviamente troveranno dei pazzi sadici, ovviamente faranno una fine sconsigliabile ai malati di cuore. In pratica La casa dei mille corpi è un remake non ufficiale di Non aprite quella porta (The Texas Chain Saw Massacre, Tobe Hooper, 1974), di cui per almeno un’ora rispetta la trama e lo stile. Si tratta però di sessanta minuti sostanzialmente inutili, in cui ci si prepara senza grande suspance al bagno di sangue finale.

Proprio all’inizio di questa seconda parte va segnalata una scena sorprendentemente affascinante (l’uccisione dei poliziotti appena arrivati nella casa), che dimostra come Rob Zombie sia capace di ricreare una certa poeticità gore, ma si ponga troppo spesso dal punto di vista di un fan del genere piuttosto che in quello dell’autore o del regista. Da qui in poi il film, pur non scostandosi dalla tradizione del genere, trova linfa vitale dai suoi sanguinolenti protagonisti. Certo, Rob Zombie spesso crede di avere a che fare con uno dei suoi videoclip, e indugia troppo in inquadrature sghembe o in montaggi sincopati. Per fortuna i mostri del Dottor Satana riescono a ravvivare l’ambiente annientando uno ad uno gli insopportabili ragazzi, in un finale sorprendente solo per chi non ha mai visto un film del genere.

Visto il successo del film (costato sette milioni di dollari, ne ha incassati il doppio solo negli Usa), Rob Zombie ha appena finito di girarne il seguito, intitolato The Devil’s Reject, con l’allegra famiglia satanista che abbandona la casa e gira l’America armata fino ai denti. Si spera che il regista, passata la sbornia dell’esordio, sia in grado di realizzare una scrittura e una regia più originale…anche in fondo all’inferno la speranza è l’ultima a morire.

Curiosità: Nel cast del film si possono riconoscere Sheri Moon, moglie di Rob Zombie e protagonista di tutti i suoi clip musicali, nel ruolo della sadica Baby, e Mattew McGrory, il gigantesco attore già protagonista di Big Fish (id., Tim Burton, 2003), in quello del malformato Tiny.

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