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cultura dell'immagine e della parola

Masochismo e masturbazione

Masochismo e masturbazione

Catalogo Turistico Fai Da Te
In formato 35mm, Ma mère dichiara da subito molte ambizione, prima di tutto quella realistico-documentaristica: l’immagine sgranata, la macchina da presa spesso vicina ai volti in primissimi piani indagatori, i frequenti zoom veloci e zigzaganti (che, per assurdo, ricordano l’ultimo Tarantino e prima ancora i B movies giapponesi), danno alla pellicola un carattere di trascuratezza. Ma la superficie dell’immagine e l’inconsistenza morale dei protagonisti, vengono lasciati all’abbandono da una struttura frammentaria, pezzi di scene che si susseguono fredde, che non si uniscono a formare una storia compatta. Nemmeno si ha il tempo di affezionarsi ai personaggi.
La regia si perde proprio nella grana dell’immagine, appesantendola sempre di più con drammatici ralenti d’effetto. Effettistica diventa anche la rappresentazione visiva del dramma di Pierre: lacerato a metà tra il desiderio di scoprire le perversioni sessuali a cui la madre lo vuole iniziare e la sua infantile tensione verso Dio e la preghiera, Pierre si ritrova o in locali notturni ambigui, dove la frenesia turistica del divertimento estremo viene rappresentata nei modi più tipizzati e banali, oppure, nei momenti di redenzione, le Canarie turistiche gli offrono dune di sabbia dove lui, in ginocchio sotto il sole, annullato dalla maestosità del luogo, prega Dio di liberarlo dal male. E con imbarazzo si nota quel deserto popolato da presenza misteriose, e si potrebbe persino pensare a Zabriskie Point (id., Michelangelo Antonioni, 1970).

Ricercare/Riciclare La Perversione Sessuale
George Bataille in un suo libro del 1957, L’erotismo, scriveva: “L’erotismo si può dire, innanzitutto, che esso è l’approvazione della vita dentro la morte”. In effetti, in Ma Mère, è proprio questo pensiero ad essere messo in visione. Ma la visione stessa non riesce a rendere godibile la ricerca di quel tipo di erotismo, vita dentro la morte, che La pianista Isabelle Huppert (La pianiste, Michael Haneke, 2001), aveva fatto proprio. Oppure, l’intensa fisicità di The dreamers (id., Bernardo Bertolucci, 2003) dove i corpi degli attori, compreso quello di Luois Garrel-Theo, erano dei templi sacri del godimento e dell’impossibilità all’unione. Qui, Huppert e Garrel vengono riciclati nei modi già visti, l’una del masochismo, l’altro della masturbazione, svuotati, purtoppo, della loro precedente intensità, appesantiti dalla bruttezza di una storia che non ama se stessa e che non riesce a farsi amare.

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