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cultura dell'immagine e della parola

Moore in bianco e nero

White

Michael Moore è l’uomo che mette il dito nella piaga. Per eccellenza.
Gli Stati Uniti sono il paese delle contraddizioni. Per eccellenza.
Gli Stati Uniti d’America sono avvolti in una patina dorata che li fa apparire all’estero come il paese dei sogni, ma quali incubi nasconde il paese più potente al mondo?
Sono questi incubi che Moore mostra con una crudezza raccapricciante e affascinante al medesimo tempo. Il sorriso smagliante di una commessa di un negozio o di un alto dirigente d’azienda si trasformano, nei suoi film, in bocche dai denti marci.
Moore è attualmente, negli Stati Uniti, l’uomo che riesce più efficacemente ad andare contro. La sua è la maniera efficace perché è quella che colpisce, che fa arrabbiare, ma soprattutto che lo fa ammirare da tanti. I suoi libri sono, infatti, dei best seller in Europa come in America ed i suoi documentari hanno raggiunto successi strepitosi fino al riconoscimento di Cannes per il suo ultimo film Fahrenheit 9/11 (2004). I suoi modi diretti, il suo modo di parlare così calmo e, all’apparenza, inoffensivo ci introducono in mondi corrotti che nessuno si aspetterebbe esistessero.
In Roger&Me Moore (1989) parte dalla piccola realtà di Flint, città in cui è cresciuto e cui è molto affezionato, per aprire gli armadi pieni di scheletri dell’industria americana ed in particolare della General Motors. Da quel momento non si è mai fermato. In Bowling for Columbine (2002) prende di mira l’industria delle armi, argomento per lo meno scottante, grazie allo spunto delle sparatorie nelle scuole. E adesso con Fahrenheit 9/11 arriva all’apice, ovvero all’epicentro del terremoto, l’amministrazione del presidente Bush.
E già si sente urlare in coro “Moore for President!!!”

Black

Siamo così sicuri che Michael Moore sia un grande documentarista, un grande regista, un bravo giornalista? Certo a Cannes ha appena vinto la Palma d’oro; ma è abbastanza ovvio che i francesi premino un regista fortemente critico nei confronti degli americani e, soprattutto, pacifista e contro la politica di Bush.
Umanamente parlando, Moore non è certo una persona facile. Lo ha ammesso perfino Ben Hamper, operaio della General Motors che collabora con lui fin dagli inizi della sua carriera, da quando Moore era ancora uno sconosciuto. Quando Moore lavorava a Tv nation, i suoi collaboratori non ebbero vita facile: boicottava chi non era d’accordo con le sue idee estromettendoli dalle riunioni o facendoli addirittura licenziare. Da più fonti risulta che il ciccione col cappellino in testa sia piuttosto paranoico e veda ovunque complotti contro di lui (forse questo è l’unico punto in comune con il nostro Presidente del Consiglio…): di conseguenza fa causa ai presunti boicottatori, riuscendo peraltro a vincere, qualche volta. È in questo modo che è riuscito a finanziare il suo primo film, Roger & Me. Attualmente ha accusato la Miramax di non voler distribuire il suo ultimo film, Farenheit 9/11, ma secondo alcune voci la Miramax già da un anno aveva rifiutato la distribuzione del film. Che sia un modo per attirare l’attenzione sul suo ultimo film e, perché no, di trovare magari una forma di pubblicità?
Per quanto riguarda la cura e la veridicità dei dati presentati nei suoi libri e documentari, ci sono dei siti Web che prendono esplicitamente di mira Moore e che ne contestano la veridicità delle tesi. L’accusa più frequente è quella di utilizzare le battute degli intervistati in maniera impropria, omettendo il contesto in cui sono state pronunciate. Sul sito www.bowlingfortruth.com è stata lanciata addirittura una petizione per chiedere all’Academy di revocare l’Oscar a Bowling for Columbine come miglior documentario.

Link correlati:

• La recensione del libro Stupid White Man di Michael Moore
• La recensione del film Bowling for Columbine di Michael Moore
• La recensione del film Roger & me di Michael Moore

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