Senso
Martino non parla molto, anzi, dice solo le parole che sono strettamente necessarie. Quando Amanda capita nella Mole Antonelliana non le chiede spiegazioni e l’unico suo commento è un semplice “Va bene”.
Dopo mezzanotte intrattiene un particolare rapporto di senso con le immagini e con le parole. Martino ribadisce continuamente che il senso sta nelle immagini, e il film stesso è il corpo dimostrativo di questa tesi: Ferrario, oltre a citare esplicitamente in più passaggi i film di Buster Keaton, ricorre al linguaggio cinematografico tipico del cinema muto: così basta un’iris che si chiude su l’Angelo e Barbara per lasciar intendere che i due passeranno una notte di intimità.
Martino ama il cinema dei Lumières, quello che fa vedere “le cose così come sono”; in molti punti lo stesso Ferrario compone delle vere e proprie vedute lasciando che la vita scorra, o stia semplicemente ferma, davanti alla camera fissa, come quando Martino va a trovare il nonno (e anche lì non è che si spendano molte parole).
Il vero gioiello di Dopo mezzanotte è il film che Martino mostra ad Amanda: ancora una volta il senso è affidato alle immagini, ma le vedute del cinema primitivo sono affiancate a delle immagini moderne. Nel film di Martino il montaggio è origine di senso, ma con un messaggio in più per noi spettatori: il cinema muto è universale, trascende il tempo ed è capace – forse è addirittura essenziale – di interpretare la realtà di oggi. Il cinema si nutre della realtà per raccontare storie, e contemporaneamente racconta tutte le storie che potranno accadere: il triangolo Martino-Amanda-l’Angelo è informato del triangolo truffautiano, e lo spettatore può chiaramente prevedere che avrà una fine non molto diversa.
Il senso sta nelle immagini, eppure Dopo mezzanotte non può fare a meno della parola. La voce off (Silvio Orlando) ci racconta chi sono Martino, Amanda e l’Angelo, ci rivela aspetti che in altro modo non potremmo conoscere. Soprattutto si diverte a indugiare su che cosa sono il cinema, i personaggi, le storie, gli spettatori. Quasi ci impedisce di abbandonarci completamente al flusso delle immagini, ricordandoci che siamo in quel mondo sospeso che è il cinema. Aggiunge insomma un ulteriore livello di senso al film, ne ispessisce i significati. L’immagine è gravida di senso, la parola riflette sul senso dell’immagine.
• Vai all’intervista al regista Davide Ferrario
A cura di Fabia Abati
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