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Storie dal Mediterraneo

Storie dal Mediterraneo

Se in Ritorno a casa (2001) De Oliveira citava apertamente la storia di Ulisse nella sua versione più moderna, quella di Joyce, qui la prima storia che riaffiora è quella di Telemaco, di una figlia che compie un viaggio per raggiungere il padre. Il viaggio di Maria Joana è però, prima di tutto, un percorso attraverso la conoscenza, tanto bramata dall’Ulisse dantesco. Forse per questo motivo la nave in movimento viene quasi sempre mostrata attraverso delle inquadrature fisse: l’idea di viaggio in Un film parlato non corrisponde allo spostamento fisico quanto all’esplorazione conoscitiva e mentale delle tante culture e lingue che hanno colorato il Mediterraneo. In questo senso lo spettatore, pur fermo e seduto in poltrona, viaggia assieme alla mamma e alla figlia, alla ricerca delle mille storie del Mediterraneo.
Lo spostamento richiesto diventa un viaggio nella storia, per ricomporre le fila delle civiltà che si sono susseguite e intrecciate fra loro: gli egizi, i greci, i romani, gli arabi, gli ebrei. De Oliveira si premura di sintetizzare a grandi linee la nascita delle culture vissute nel Mediterraneo e il modo in cui si sono divise.

La necessità del viaggio si profila nella seconda parte del film, separata nettamente dalla prima grazie alle conversazioni del Capitano della nave con le tre illustri ospiti. Si compie un salto brusco dalla storia all’attualità, dai miti greci alla politica dell’unione Europea. La tesi che affiora è antica ma condivisibile: la complessità del mondo odierno può essere compresa solo conoscendo le storie antiche, i miti, le leggende, la storia delle civiltà. Si parla del poliglottismo europeo, della necessità di conoscere le altre lingue (un’allegoria della necessità di conoscere le altre culture e nazioni?) per potersi capire.

Un film parlato è un’allegoria della precarietà della civiltà umana: le piramidi, il Partenone, le moschee, vengono distrutte in un attimo da una bomba. Ogni civiltà è destinata a scomparire, ad essere soppiantata. Se la tesi appare ragionevole e condivisibile, rimangono però molte perplessità su un film spiazzante e disomogeneo, profondamente irrealistico.

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