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Quando quello che manca è il coraggio di dire «nun sbari»

Quando quello che manca è il coraggio di dire «nun sbari»


Gli unici personaggi di fantasia del libro sono i due fratelli Charlie e Lester e il protagonista Pietro Primo. Tutto il resto, purtroppo, è realtà.
I luoghi sono veri, i campi profughi sono veri, gli Iteso* costretti ad abbandonare le loro case e a trasferirsi in quelle baraccopoli sono quasi centomila. E sono persone reali. L’ LRA* è reale, i Karimojong* esistono e sono reali i bambini rapiti, uccisi, stuprati o costretti a combattere.

Ed è giusto che ricordiate in ogni momento che quello che state leggendo succede, anche se accade lontano, in una zona dell’Africa che sembra persa nel deserto, come se da un momento all’altro dovesse sparire, come se tutto fosse solo un brutto sogno, da dimenticare.
E di questo ha paura Pietro, ed è per tale motivo che mentre è prigioniero alla Base Militare UPDF (l’esercito regolare ugandese) scrive il suo diario: «Non è la mia morte che mi spaventa. Non è la fine del mio corpo, le mie mani, i miei piedi, i miei occhi che mi fa paura. Non è questo. E’ qualcosa di diverso. E’, non so, la perdita della memoria. Mia, altrui. Noi, andremo perduti. Pietro, chi? Charlie, chi? Lester, chi? E’ questo senso di spreco, tanto mio quanto degli altri, che mi spinge a ricordare.»
E Pietro racconta. La sua storia, la storia dei due fratelli, e la storia, vera, dell’Uganda.
La racconta al colonnello, al capitano, ai vari militari che lo interrogano. E la racconta all’uomo.
«L’interrogatorio continuava. L’uomo voleva sapere. L’uomo voleva risposte. Conferme alle circostanze. L’uomo voleva la verità, mi dicevo. (…) L’interrogatorio andava avanti. Ma era l’uomo che voleva sapere; oppure ero io, che volevo ricordare?»
Quest’uomo forse non è solo un personaggio del libro, quest’uomo potremmo essere noi tutti. Noi che non sappiamo, che non conosciamo. Che vorremmo sapere o che dovremmo.

Il diario è diretto e essenziale, perché di fronte a fatti del genere non c’è tempo per perdersi in ridondanze. Le frasi sono brevi, concise, ma non tralasciano nulla e sono capaci di catturare con poche parole tutto il deserto o di descrivere l’intera Africa, inoltre vengono mantenute alcune espressioni nel dialetto originale e questo permette un enorme coinvolgimento del lettore, che viene condotto attraverso violenze, ingiustizie, umanità, amore, guerre, distruzione, carità, fino al segreto di Pietro e ad una domanda, che esige risposta: è giusto sparare per la pace?

*Iteso: una delle popolazioni locali
*LRA: Lord’s Resistance Army è l’esercito ribelle dell’Uganda
*Karimojong: gruppo di guerriglieri che vive di razzie e stragi a danno dei popoli vicini

Fabio Magalini è nato a Roma nel 1958 e fa parte del servizio volontario internazionale dal 1995. E’ stato in Bosnia, Kenya, Albania, Colombia, Costa d’Avorio, Rwanda, Burundi e Uganda.

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