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cultura dell'immagine e della parola

Fell in Love with a Girl – The White Stripes

Brano: Fell in Love with a Girl
Gruppo: The White Stripes
Album: White Blood Cells
Regista: Michel Gondry
Casa di produzione: Partizan
Etichetta: XL
Durata: 1 ’50”
Uscita: Gennaio 2002

«Fell in love with a girl
fell in love once and almost completely
she’s in love with the world
but sometimes these feelings
can be so misleading»

Ecco in pochi versi l’amore confuso ed eccitato di Jack White per la ragazza «with the red curl», Meg White (sorella o sposa non si è ancora capito); ed ecco il primo dei quattro singoli dei White Stripes, trasposto visivamente dal regista di Versailles, e forse il più interessante dal punto di vista della complessità testuale.

Michel Gondry ha lavorato a questo video con lo stesso spirito di Jack («un amore confuso ed eccitato»); eppure con una differenza di fondo, un altro tipo d’amore: quello per la sua infanzia.
Elemento stilistico presente in quasi tutti gli altri video (vedi soprattutto le collaborazioni con Bjork e Chemical Brothers); ma forse mai come in Fell in Love with a girl, l’autorefernzialità al proprio immaginario infantile, è un evidente filo rosso che lega le sue creazioni artistiche. Nella prima inquadratura del video, il bambino che gioca col Lego è un countdown che autocelebra l’esplosività creativa di un genio della videoarte. Gondry è ancora legato agli amori della sua infanzia, all’immaginario di un universo popolato da leggi fantastiche, giocattoli luminosi che prendono vita e volontà propria da uno spunto originale, e che scintillano dietro gli occhietti vispi e il movimento fast-forward delle mani al lavoro sui cubetti Lego.

Dal punto di vista tecnico, il videoclip è di grande interesse perchè fonde, in un sincretismo denso ed equilibrato, molte altre sottotracce di significato: le citazioni d’arte figurativa (Mondrian); il suo caratteristico immaginario ludico infantile, la grafica Atari da Videogame, la musica appunto, nella modalità rappresentativa tipica del punk e underground del concerto live, e infine, forse l’elemento più di spicco, la sperimentazione del tech art work, tipico di chi realizza non solo il “prodotto” artistico, ma anche il supporto tecnologico alla base (vedi il cinema di George Melies e i pionieri della videoarte).

Ma andiamo con ordine.

Per ottenere questo lavoro, Gondry non ha dovuto presentare alcuna sceneggiatura al gruppo. Secondo quanto dice Meg, un giorno Michel entrò nel ristorante dove si sarebbero incontrati per parlare del video, con la testa di Jack, realizzata a cubetti di Lego. «Quando qualcuno ti porta a cena la scultura della tua testa in Lego, cosa puoi dire?» Si chiede Meg. «Il lavoro è tuo, vai avanti Michel!», dissero incantati.

De Stijl e Mondrian

Nel frattempo Gondry aveva già partorito l’idea, trovato una squadra di supporto e la strumentazione per la realizzazione tecnica del clip.
La band di Detroit è sempre piaciuta a Gondry per l’elementarità della loro musica: una voce, una chitarra, una batteria. Concetto visivamente molto vicino ai colori primari dei blocchi di lego e all’estetica cromatica del gruppo.
Non è infatti un caso se De Stijl, corrente artistica astratta olandese dei primi del Novecento, tra cui spiccava Piet Mondrian, è il titolo scelto dalla band per l’album precedente: «un movimento basato solo sui colori primari e sulle linee verticali e orizzontali, più o meno quello che facciamo noi», dichiara Jack. Il Rosso dei vestiti e della bocca, il giallo dei piatti della batteria e della cintura della chitarra, il bianco dei volti e il nero deciso di occhi e capelli, sono colori primari incastrati dentro strutture altrettanto “quadrate”: i cubi del Lego. In essi infatti, la linea non ha l’ambiguità della curva, ma la decisione della retta; i suoi angoli si equilibrano nell’unità delle due forze contrastanti, delle diverse direzioni di linea, quella verticale e quella orizzontale.
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Tech art work

Durante la fase di realizzazione il gruppo è stato semplicemente ripreso durante un’esibizione in pubblico a Londra e durante alcuni momenti di vita privata. Ciò che riporta quest’opera alle origini del lavoro della videoarte è la progettazione e l’attuazione della tecnologia stessa da parte del regista. Assieme al padre, Gondry ha sviluppato un software in grado di sgranare l’immagine dei singoli frames (ben 25 per secondo) fino ad ottenere un grappolo di pixel molto simile alle dimensioni dei blocchi di Lego. Ogni fotogramma è stato poi stampato a colori e utilizzato come storyboard per un team della Lego, impiegato nella costruzione fisica di ogni singolo frame. Non c’era abbastanza Lego per realizzare più di cinque frames allo stesso tempo, così, dopo la costruzione e ripresa di ogni blocco da cinque fotogrammi, questi venivano interamente demoliti per comporre i cinque successivi.

• Per vedere in streaming il videoclip, Clicca qui.

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