Alzare la voce
Cos’è il mobbing?
Per il suo nuovo film, Francesca Comencini ha scelto un argomento delicato e poco discusso nel cinema: il mobbing, ovvero una forma di violenza psicologica attuata in ambito lavorativo e perpetrata dai superiori e/o dai colleghi ai danni di un dipendente. Il mobbing consiste in una serie di azioni intenzionali finalizzate a mettere il dipendente o il collega in condizione di licenziarsi, causandogli inoltre danni di tipo fisico e psicologico.
Nascita e realizzazione
Nato per curiosità della regista (che dopo aver visto un film sull’argomento si è documentata a riguardo presso lo sportello anti-mobbing della sezione romana della CGIL); il film è il risultato della volontà dei sindacalisti e di chi il mobbing lo ha subito, di far conoscere alla gente i danni che questo può provocare e i diritti che si hanno contro i mobbers. Realizzato con soli 300.000 euro il film è interpretato da un’unica attrice professionista (Nicoletta Braschi, nei panni di Anna): tutti gli altri attori sono persone che hanno vissuto sulla propria pelle la realtà del mobbing e che si sono offerte volontariamente di partecipare al progetto.
Docu-fiction?
Proprio per il non professionismo degli attori, il film non si è avvalso di dialoghi scritti: la Comencini dava agli attori delle tracce su cui questi improvvisavano. Per questo motivo e per l’uso (anche questo improvvisato) della camera a mano, il film sembra, a tratti, quasi un documentario, sebbene sia chiaramente un film di finzione.
Obiettivo raggiunto
Il film, nel complesso, raggiunge il suo obiettivo: la vicenda di Anna (e il suo stesso personaggio) trasmette angoscia, disperazione. La disperazione di una persona che, da un giorno all’altro, vede la sua vita lavorativa fare marcia indietro, ripercorrere le tappe della gavetta, ma al contrario. La disperazione di una persona che viene colpita nel privato, nei suoi punti più deboli pur di essere umiliata. Insomma, se per chi di mobbing ne sa poco, il film può essere prezioso e interessante, chi già conosce il fenomeno potrà forse trovarlo un po’ semplicistico e ingenuo. In ogni caso, il film è interessante, se non per l’effettivo risultato, sicuramente in quanto testimonianza di una realtà che sta prendendo sempre più piede nel mondo del lavoro e nei confronti della quale è giusto alzare la voce, anche attraverso la “settima arte”.
Curiosità
Se la recitazione della Braschi è sempre uguale in tutte le fasi della vicenda di Anna, Camille Dugay Comencini (figlia della regista); che ne interpreta la figlia, è molto spontanea e decisamente più credibile del personaggio principale.
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