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cultura dell'immagine e della parola

Centro di gravità permanente

Centro di gravità permanente

Eka, Ada e Marina vivono un triangolo tutto al femminile. Sono tre vertici, anzi, tre punti di fuga che ruotano attorno a un fulcro maschile, Otar, unico elemento in grado di esercitare una forza centripeta su tre persone che vivono invece delle spinte fortemente centrifughe.
Otar però non c’è. È invisibile, assente, cinematograficamente si colloca nel fuori campo. L’unico segno della sua presenza sono le lettere e i soldi che manda a casa ogni tanto. La nonna, matriarca di questa famiglia tutta al femminile, le aspetta con impazienza, consapevole forse del fatto che costituisce un elemento di unità e coesione.
I primi momenti del film ci mostrano le tre donne che, sedute al tavolo di un bar, parlano fra di loro. Il sonoro però è assente, non si sentono le parole pronunciate dalle tre donne: si vedono soltanto le labbra che si muovono. Il triangolo si fonda su un problema di incomunicabilità, di assenza di parole, di suoni (forse qui si spiega la citazione dei Calligrammes di Apollinaire: delle parole che non hanno bisogno di suono per comunicare, perché hanno prima una fisicità grafica). Le lettere mandate da Otar invece sono tangibili, vengono lette ad alta voce da Eva, acquisendo una corporeità sonora.
Otar è assente, ma non è possibile decretarne la morte. La situazione fra le tre donne diventa paradossale perché al di sotto c’è una relazione fondata sul paradosso: un fulcro che deve esistere ma contemporaneamente rimanere assente. Il finale lascia aperti molti interrogativi: Eka ha capito che le altre due le hanno nascosto la verità finora? Vuole nascondere loro la verità? Forse vuole semplicemente creare una verità nuova, Una verità in cui Otar sia ancora il centro: alle tre donne si prospetta una nuova comunione, basata sulla finzione che Otar sia ancora in vita. La complicità di mantenere lo stesso segreto sarebbe il cuore di una nuova vita assieme.
Si tratterebbe ancora di una vita basata sull’incomunicabilità. Ecco perché Ada decide di rimanere a Parigi; una scelta espressa senza parole, solo con gli sguardi. Eppure mai come in questo momento sembra che le tre donne siano riuscite finalmente a parlarsi, a trasmettersi un’emozione.

Curiosità: Da quando Otar è partito ha vinto al Festival di Cannes 2003 il Gran Premio della settimana della critica e il Prix Le Rail d’or. È stato presentato anche al festival di Torino 2003.

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