La conferma di un’Autrice
La seconda opera, soprattuto se segue un esordio soprprendente e folgorante com’era successo in questo caso, risulta spesso molto difficile, ed è di solito il vero banco di prova per stabilire l’autentico talento di un autore di cinema. Negli ultimi anni ci siamo spesso trovati di fronte ad autori che si sono rivelati delle vere “bufale”: uno su tutti il Brian Singer de “I soliti sospetti”. Sofia Coppola invece, la prova la supera alla grande, realizzando un piccolo capolavoro che è addiritura superiore al suo film d’esordio, Il giardino delle vergini suicide.
La giovane regista (con un breve passato da stilista di moda…) dimostra infatti di possedere una straordinaria capacità narrativa, unita ad un’originalità stilistica che si manifesta soprattutto in un’assoluta maestria nel creare atmosfere e situazioni, attraverso un cinema che opera più per sottrazione che per accumulo.
La trama del film è esilissima, più che una vicenda infatti, si tratta di una situazione particolare: un incontro tra due persone, due anime smarrite e malinconiche nella caotica e piovosa odierna Tokyo. I dialoghi sono pochi, rarefatti, ma molto incisivi per profondità e intelligente ironia (straordinario quello tra i due protagonisti sdraiati sul letto e inquadrati dall’alto). Per il resto la Coppola si affida al suo talento visivo: stupendo è il modo in cui ci dipinge la fredda caoticità dell’ipertecnologica Tokyo odierna, oppure il modo in cui raffigura la solitudine, esteriore ma anche e soprattutto interiore, della giovane protagonista che passa notti insonni appoggiata alla vetrata con vista sulla metropoli della sua camera d’albergo. Seguiamo il lento e progressivo avvicinarsi, sia fisico che psicologico, dei due personaggi attraverso i loro dialoghi, i loro sguardi in un crescendo tanto coinvolgente quanto difficile a concretizzarsi che ci li fa amare, tanto quanto li ama la regista.
I temi potrebbero essere quelli di una commedia romantica, ma la Coppola rivisita totalmente il genere sotto tutti i punti di vista, sia formale che stilistico: il modo con cui coinvolge lo spettatore non ha di certo i tempi della commedia, e le sfaccettature con cui descrive due psicologie complesse e mai banali sono lontanissime dai luoghi comuni del cinema hollywoodiano: lui un cinquantenne ricco e famoso (non sono forse i valori che tutti cercano?) ma totalmente insoddisfatto, lei una giovane sposina (non innamorata) assolutamente infelice.
Bill Murray è da Oscar (per quanto ancora valga il premio): con un’occhiata, un ghigno, è capace di trasmettere quel misto di disillusione e disperata necessità di autentica umanità che rende intimenticabile il suo personaggio. Scarlett Johansson (vincitrice del premio come miglior inteprete femminile a Venezia) è una rivelazione.
Sofia scrive, dirige magistralmente i suoi attori, sa usare la macchina da presa con originalità e molta “poesia”: insomma, un’Autrice a tutti gli effetti, con qualcosa di profondo da dire sul mondo di oggi. Buon sangue non mente…
A cura di
in sala ::