Vittime, carnefici
Morte di un diciottenne perplesso è il titolo del primo dei sei racconti contenuti nella raccolta di Bosonetto. Attraverso queste brevi storie, l’autore cerca di inquadrare alcune dinamiche della società contemporanea, soffermandosi sui costumi e sulle insofferenze dei protagonisti delle singole vicende. I suoi personaggi non sono nient’altro che prototipi, esemplari tipici dei nostri giorni: persone che non riescono a trovare una propria ragion d’essere, in balìa di un’adolescenza che sembra non terminare nonostante l’età, alle prese con lavori precari ed incapaci di gestire con maturità i rapporti interpersonali. Il primo racconto, Morte di un diciottenne perplesso, s’ispira ai fatti di Genova e gioca sulla sottile linea che separa un ragazzo dall’essere carnefice o vittima. Descrive infatti due potenziali ed antitetici destini dello stesso ragazzo, entrambi assolutamente verosimili. Marco è fondamentalmente una persona normale, vive in una famiglia altrettanto normale, studia al liceo e s’imbatte nelle prime esperienze amorose. A decidere del suo destino è soltanto il caso, non una consapevole coscienza di se stesso, e tantomeno le sue convinzioni ideologiche. L’essere no-global o entrare nelle forze dell’ordine sono due possibilità indipendenti dalla scelta del singolo. Bosonetto non si schiera, non condanna, perché comprende. Comprende sostanzialmente la condizione in cui vivono moltissimi giovani, ancora troppo piccoli per capire i meccanismi della società, ancora troppo legati alla famiglia e al concreto svolgersi della loro quotidianità. Tuttavia, chi, invece, l’autore critica aspramente, è quella categoria di adulti sordi e inerti di fronte al mondo giovanile. I pregiudizi e la formalità dei professori da un lato, la violenza, oserei dire animalesca, delle forze dell’ordine, dall’altro. In questo fondamentale episodio, Bosonetto ha voluto riflettere sulle profonde difficoltà di comunicazione che sussistono tra i giovani e gli adulti: si tratta di un fenomeno già conosciuto ed ampiamente dibattuto, tuttavia l’autore lo affronta in modo non banale e non retorico: permette al lettore di cogliere gli aspetti più profondi di tale incompatibilità, facendo luce sul pericolosissimo atteggiamento di indifferenza che ne è alla base. Anche negli altri racconti, i personaggi sono spesso uomini chiusi nelle loro sfere di cristallo, lobotomizzati dall’apparecchio televisivo o avviliti e demotivati da una professione meccanica e, oltretutto, sottopagata. Quelle di Bosonetto sono semplici storie della nostra vita quotidiana, brevi episodi dalla trama lineare, i personaggi caricature dei nostri vicini di casa. Apparentemente le vicende narrate sembrano una rappresentazione grottesca del nostro routinario vivere, in realtà sono fotografie allarmanti della società. L’unico racconto che propone una possibile “via d’uscita” all’atrofia che si evince dagli altri, è La rotazione delle idee: è la capacità di pensare che conduce l’uomo ad una maggiore conoscenza di sé e dei suoi limiti.Complessivamente, questi sei brevi racconti offrono al lettore l’occasione di riflettere su alcuni peculiari aspetti di una realtà sociale disagiata. Bosonetto maschera abilmente compassione e rimprovero, usando un linguaggio ironico e apparentemente distaccato. Le sue frasi sono sempre brevi e concise, ma portano con loro amarezza e disincanto. Bosonetto riesce ad usare il linguaggio come se avesse in mano una macchina fotografica: punta l’obiettivo, coglie l’attimo, lo rende immortale. Ma gli spaccati di realtà da lui immortalati, sono eloquenti, carichi di significato ed espressività. La sua grandezza consiste proprio in questa straordinaria capacità di realismo.
Marco Bosonetto è nato a Cuneo nel 1970. Ha pubblicato i romanzi Il sottolineatore solitario (Einaudi, 1998) e Nonno Rosenstein nega tutto (Baldini&Castoldi, 2000); che ha sollevato molte polemiche e critiche entusiastiche.
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