hideout

cultura dell'immagine e della parola

Dead men

Dead men

Non è solo il titolo a ricordarci i capolavori di Sergio Leone. Come nell’ultimo film del grande maestro, il passato si insinua nel presente passando per la porta della memoria, creando un unico flusso temporale indistinto, vissuto dal protagonista El Mariachi. I personaggi si appiattiscono e si tipizzano nella maschera, si definiscono in un tratto distintivo: la chitarra sembra connotare Banderas come il sigaro fece con Clint Eastwood, ma anche i compagni di El Mariachi vengono presentati attraverso una caratteristica: lo scopatore e il beone.
Forse Rodriguez aggiunge nella figura di Sands (e le fan stiano tranquille: non rimarranno deluse da Johnny Depp) una riflessione sul significato della maschera. Astuto come Ulisse, affabulatore e, soprattutto, Camaleonte, Sands vince gli avversari nel travestirsi, nel cambiare identità, nel mutare la propria maschera (e come in face/off si ragiona sul rapporto sembianza/essenza). Ironia della sorte, verrà accecato. E nonostante tutto se la caverà fino all’ultimo proprio perché, a differenza dei suoi nemici, conosce la mutabilità della maschera, della sembianza, e sceglierà di affidarsi al proprio udito piuttosto che alla vista di un ragazzino.
Che cosa c’è, allora, sotto la maschera dei personaggi? Degli uomini morti. El Mariachi si dichiara morto ben due volte, perché la sua esistenza non ha più gioia da quando è morta la sua famiglia (forse, più simbolicamente, la donna). Molti altri moriranno, il destino di morte sembra avvolgere tutti e colpire senza pietà. La maschera diventa allora teschio nel giorno dei morti, non a caso scelto come giorno per effettuare il golpe (la morte dello stato e della democrazia).
Ancora ironia della sorte, Rodriguez sembra inscrivere nel film una critica al film stesso. Che, come Johnny Depp, si crogiola nel prendere e mescolare le sembianze di tanti film e generi, senza definire però un’essenza precisa, diventando un melting pot piroettante ma senza consistenza. Film affabulatore, che si perde nel discorrere di se stesso e del cinema, lascia intravedere costruzioni teoriche mirabolanti ma labili e inconsistenti come castelli di carta, costruiti sulla sabbia.
Un film che ricorda un cinema glorioso, ma senza saper aggiungere alla memoria una novità vitale. E, forse per questo, destinato a languire.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»