Risate DOC
Quando sei un poliziotto in servizio in un irreprensibile paesino svedese, emblema del miglior welfare mondiale, ti capita che non hai nulla da fare. Ti ritrovi ad ammazzare la giornata con un rosario di abitudini che ti aiutano a riempire il tuo tempo: non potrai più uscire dalla tua auto senza suonare tre volte il clacson. Piccole manie. Oppure ti metti a sognare imprese alla Bruce Willis. Ottimo rifugio se il massimo che ti tocca fare è rincorrere la mucca sfuggita al contadino. Inevitabile allora l’intervento del comando centrale che ordina la chiusura perchè INUTILE. Ecco in nuce l’esca che scatena una vicenda e un film esilarante. Josef Fares, bambino prodigio della cinepresa (classe 1978); costruisce una macchina di comicità micidiale. In perfetto stile slapstick, travolge lo spettatore in una narrazione ben costruita e soprattutto ricca di gag mute degne del Buster Keaton più smagliante. E’ un piacere per una volta tanto trovarsi piegati in due dal ridere in poltrona. Il film, a dispetto di molti altri, non ha nessuna pretesa se non quella di fare ridere a dovere. Non certo in un modo bolso e superficiale. Tutt’altro: le vicende ricalcano fatti di cronaca, e considerando il paese di origine (la Svezia) è innegabile la carica ironica nei confronti del proverbiale senso civico dei suoi concittadini. E non è tutto: il nostro Fares si dimostra molto abile a lavorare con stereotipi e luoghi comuni di un certo cinema d’oggi, l’azione made in Hollywood (penso soprattutto a Die hard e Matrix). I sogni di Benny, l’aspirante super poliziotto, sono un’ottimo terreno per mettere in scena la parodia delle sequenze d’azione con armi, esplosioni, tanti effetti speciali che fanno la crema di queste produzioni. Non fa una piega questo simpatico film, anche nella conclusione solo apparentemente a lieto fine: pure questo è un parto della fantasia onirica del super poliziotto Benny.
Campione d’incassi in Svezia (uno svedese su tre l’ha visto) avrà sicuramente un meritato successo anche in Italia, augurandoci che trovi il giusto spazio nelle sale della nostra penisola americanizzata.
A cura di Francesca Arceri
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