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Tagliacorto – Intervista alla giuria

Alessio Guzzano
Intervistiamo Alessio Guzzano, critico cinematografico del quotidiano a distribuzione gratuita City e presidente della giuria di Tagliacorto.

Sappiamo che è la prima volta che vieni chiamato a partecipare alla giuria di un concorso. Vogliamo chiederti che effetto fa, e se in questo ruolo senti una certa responsabilità, giudicando opere di giovani esordienti alle prese col genere del cortometraggio, rispetto al lavoro di critica che svolgi quotidianamente sulle pagine di City, nelle recensioni di film della grande distribuzione.

Ripensandoci sento una grande responsabilità proprio perché sul momento ci si propone di essere indulgenti nei confronti di opere di autori giovani con grandi motivazioni, in quanto esordenti o quasi. Una situazione delicata se consideriamo il fatto che questo può essere per loro trampolino di lancio e soprattutto se partiamo dal presupposto che oggi è proprio dal videoclip, dal cortometraggio, dallo spot pubblicitario che emergono i nuovi registi, autori che dei quali l’Italia soffre molto la mancanza. Pertanto è più opportuno guardare questo mondo con un occhio più affilato e magari con un pizzico di cattiveria in più. Sono autori per i quali, a differenza di un Bertolucci o di un personaggio affermato, una parola di apprezzamento, una citazione, un premio possono essere significativi per uno sviluppo futuro. Siccome alcuni dei cortometraggi visti oggi sono meritevoli, encomiabili, è giusto metterli in vista, spronarli a proseguire nella loro strada.

Quindi il giudizio sui corti di questa sera è sostanzialmente positivo?

Su alcuni è molto positivo, altri hanno il vizio del cinema italiano in genere: quello di “parlarsi fuori”, guardarsi, e poi parlarsi addosso. In scala ridotta è stato riprodotto anche stasera. Chi ha realizzato corti di più breve durata ha sfruttato principalmente l’effetto sorpresa, mentre gli autori di corti di maggior lunghezza, hanno avuto più spazio per mostrare le loro doti.

Hai avuto modo di vedere altri cortometraggi che diano un’idea della “scena” milanese e se sì attraverso quali canali?

No, ho avuto modo di vedere la sezione di corti del festival di Cannes. Qui in Italia non ci sono molte occasioni. Milano è forse una delle città più fortunate, ho frequentato di più Roma negli anni passati: lì la situazione è davvero tragica. Si emerge solo se si presentano nomi e facce note o progetti impacchettati e finanziati. Forse si è trovata una soluzione attraverso la televisione: in seconda serata o il sabato pomeriggio mi capita di vederne spesso.

Quindi si sente la mancanza di eventi come quello di questa sera?

Assolutamente perchè ripeto è proprio dal videoclip, dal cortometraggio, dallo spot pubblicitario che emergono i nuovi registi. Dovrebbero esserci ogni mese iniziative del genere.

Come dicevi, nei corti di stasera, si nota una certa influenza del videoclip. E’ un bene o può essere pericoloso?

In partenza positivo, soprattutto per far emergere la mano e il talento. Se poi ci si fossilizza e non c’è un’evoluzione allora diventa un vezzo. Di solito è una chiave d’accesso efficace.

Intervista a Fabio Bozzetto, videomaker, autore di videoclip e cortometraggi sperimentali, membro della giuria di Tagliacorto.

Innanzitutto volevamo sentire un tuo giudizio generale sulla serata.

Questa sera si sono visti corti di differente livello di qualità. Sicuramente tanti erano fuori dal mio modo di vedere questo tipo di iniziativa, e dal mio modo d’intendere il genere “corto”.
Ciò che mi ha colpito tuttavia è il fatto che molti di questi corti sono stati girati con mezzi abbastanza poveri. Un fattore che ha di sicuro inciso sul risultato.

Hai avuto modo di conoscere l’ambiente del corto italiano? Quello di stasera secondo te rappresenta il livello medio d’esordio a livello nazionale?

Beh, il livello medio è generalmente più alto, dipendentemente dal budget, dall’esperienza, dalla professionalità e dalle capacità tecniche, qualità generalmente presenti. Qua sicuramente abbiamo a che fare con giovani che vogliono esprimere qualcosa, molti per la prima volta. Apprezzabile comunque lo slancio. La passione è la cosa che risalta di più.
Fabio Bozzetto e Claudio Cadeddu

Come videomaker ti sei potuto riconoscere nei corti visti questa sera, magari con quelli realizzati con mezzi di fortuna? Se sì, che consigli daresti ad un giovane aspirante?

Personalmente non mi sono riconosciuto molto. Tranne forse nell’ultimo corto “Maria Oriente Maria Occidente”, che presentava un buon ritmo, una buona recitazione ed una bella storia . Consiglierei di buttarsi, senza paura di paragoni con autori ritenuti più abili. Ognuno può trovare un suo stile. Il cinema non è standardizzato, è tutto molto soggettivo, personale: dalla sceneggiatura, alla regia, al montaggio, la bravura è un lavoro che consiste nel raggiungere un proprio tocco individuale. Anche in mancanza di un’adeguata strumentazione, se un’idea è davvero buona, può “tenere tutto” da sola. In italia, le idee sono molto rimasticate. Di nuovo, originale c’è davvero poco.

Tu sei nella giuria di Tagliacorto. In base a quali criteri hai giudicati corti partecipanti questa sera?

Devo dire che sono stato un po’ cattivo. Molto istintivo nel giudizio. O mi sono piaciuti oppure no. Ho bocciato diverse opere perché alcune scelte (vedi certi finali) da un punto di vista prettamente cinematografico, ritenevo potessero essere più oculate. La critica ad ogni modo può fare solo bene. Se costruttiva, è giusta. Bisogna battere la testa e risollevarsi e poi riprendere il lavoro con la stessa passione di chi ha ancora voglia di continuare.

Intervistiamo Claudio Cadeddu, video maker indipendente e giurato per il festival.

Come ti è parso il livello medio della serata?

Si passa da picchi altissimi a cadute molto basse. Siamo arrivati a un punto in cui veramente qualsiasi persona può improvvisarsi cineasta, cosa che dieci o venti anni fa era riservata a un’elite di appassionati. Quindi quelli che riusciranno ad emergere saranno solo quelli che hanno davvero qualcosa da dire o da raccontare, cosa che alcuni dei ragazzi in concorso non sono stati capaci di dimostrare.

Quindi un evento come Tagliacorto…

E’ importante perché dà la possibilità di proiettare il proprio lavoro sul grande schermo, e questo può considerarsi già un obbiettivo soddisfacente.

Se ci fossero più rassegne di questo tipo pensi che ci sarebbe materiale di qualità per “riempirle”?

Certamente sì. Questo era solo a livello milanese e secondo me è un pregio, ce ne sono tanti a livello internazionale e il bacino milanese è abbastanza grande per offrire autori interessanti. Spesso l’autore di un corto lo fa partecipare a più festival, aumentando l’omogeneità delle proposte. Invece restringendo il campo alla sola Milano è possibile avere sempre proposte nuove e originali.

Il tema di questa sera era il disagio giovanile. Come è stato affrontato in generale?

Ci sono molte prime opere, sono angoscianti e fatte da autori molto giovani. A mio parere per raccontare qualcosa che ti riguarda è necessario che sia passato del tempo, che tu abbia finito di viverla, che tu abbia acquisito la giusta distanza. Ci sono alcuni corti dove non si capisce da che parte vada a parare la loro storia. Non è detto che l’adolescenza debba essere raccontata da adolescenti, a volte un adulto lo fa meglio.

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