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C’era una volta il cinema

C'era una volta il cinema


C’era una volta il ciclismo. O meglio, c’era uno sport predominante nell’immaginario collettivo. Era fondato su un’azione tanto semplice quanto straordinaria, che tutti conoscevano e insieme ammiravano. Per questo era uno sport popolare, perché rendeva epica una fatica ordinaria, una fatica di tutti. Era anche uno sport che passava (e per fortuna lo fa ancora) sotto la finestra di casa, e uno si affacciava per guardare giù, oppure scendeva in strada. Uno sport povero, che arricchiva poche persone, che si fondava sul mezzo di trasporto che tutti avevano in casa: la bicicletta.
C’era insomma il mito del ciclismo, e forse il piccolo Champion ci dice che aveva un po’ a che fare con il mito del cinema. Due miti pretelevisivi, fondati sulla ruota e su un ingranaggio meccanico, che difatti si fondono assieme in un unico, mastodontico marchingegno in cui il pedale mette in moto il proiettore cinematografico. Appuntamento a Belleville fa riferimento a un preciso modello di cinema, che è il cinema muto. I personaggi parlano molto poco nel film, caratterizzati soltanto dai tratti somatici, le situazioni si costruiscono sui dettagli visivi come nelle comiche.

Il cinema celebrato è quello più antico, primitivo. Tutto il film è impolverato di vecchia malinconia, a partire dai disegni monocromi blu o seppia, all’età dei personaggi: la nonna, Champion anziano alla fine del film, il cane Bruno con le guance sempre all’ingiù. La contrapposizione vecchio/nuovo percorre l’intero film, e sempre si dà ragione all’antico, al vetusto. Pensiamo al piccolo Champion, che preferisce la bicicletta al trenino giocattolo, mentre Bruno abbaierà irosamente contro ogni treno che passa, simbolo per eccellenza dell’epoca moderna. O alla nonna che riesce a seguire una gigantesca nave munita di un semplice pedalò. Ma il vero trionfo della vecchiaia sta nelle Triplettes, che ci vengono mostrate solo pochi minuti nella loro avvenente gioventù, per poi esserci presentate decrepite e ingrigite nella loro dieta a base di rane. Belleville è la megalopoli del consumismo, dell’oggetto nuovo fiammante, mentre il vecchio viene relegato nei bordelli di periferia. E nonostante tutto sarà il corpo vecchio a vincere, a suon di padellate. Così come Chomet ci dimostra la capacità del cinema più antico di saper ancora sorprendere gli spettatori avvezzi alle immagini più sofisticate. Come a dire: c’era una volta il cinema, e forse c’è ancora.

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