Intervista a Logo
Mom è l’unico cortometraggio in concorso al Milano Film Festival presentato non da un singolo regista bensì da un gruppo. Vorrei quindi iniziare l’intervista con una vostra presentazione di Logo.
Logo video nasce all’inizio del 2002.
Il gruppo è composto da :
Francesco Villa, Claudio Cecconi, Daniel Arvizu, Nikos Kapelis
Si occupa di immagini, video e fotografia……….
In Italia la situazione non sembra particolarmente rosea per chi vuole iniziare a fare cinema: si lamenta una cronica mancanza di scuole, spazi dove esprimersi e fondi. Come vi rapportate con questa realtà? Credete che il successo ottenuto una manifestazione come il Milano Film Festival, giunta tra l’altro alla ottava edizione, possa preludere ad un miglioramento della situazione?
In Italia effettivamente non è semplice arrivare ad ottenere fondi o aiuti. È una realtà a cui ci rapportiamo cercando di ottenere le entrate che ci servono per vivere e per portare avanti progetti di autoproduzione da lavori commerciali, sia a livello di collaborazione con case produttive più potenti che gestiscono il cliente o cercando il cliente direttamente e gestendo il lavoro in toto. Come gruppo siamo esistenti da troppo poco tempo per tracciare dei bilanci e trarre conclusioni. Un tentativo che faremo è di guardare a possibili finanziamenti europei o produttori indipendenti. I festival possono essere una buona vetrina ma non c’è ancora un link diretto e immediato con il mercato. I mezzi tecnici oggi a disposizione offrono un buon compromesso tra qualità del lavoro e relativa spesa contenuta per realizzarlo, questo può permettere una crescita lenta ma costante, rafforzata da una libertà d’azione e di espressione che altrimenti sarebbe non possibile. Crediamo dell’autoproduzione e ci auguriamo non aiuti dallo stato italiano ma semplicemente che non trovi la maniera di ostacolare troppo questa crescita.
Ora vorrei approfondire l’analisi del vostro cortometraggio, Mom. Il primo parallelo che mi viene in mente è con la scena centrale di The Wall di Alan Parker, con cui condividete l’immagine della rasatura. Nel vostro caso mi sembra di scorgere un atteggiamento più postmoderno, un maggiore gusto per il collage visivo e sonoro. Era vostra intenzione riprendere e attualizzare il discorso fatto da Waters e Parker vent’anni fa?
Era nostra intenzione citare i Pink Floyd e The wall attraverso un legame emotivo, che collega la generazione di fine anni ’70 alle successive, sostenendo questo legame con la colonna sonora e i contributi radiofonici che contestualizzano quell’urlo generazionale ai giorni nostri.
Uno degli aspetti più interessanti di Mom è l’accostamento immagini – sonoro. In base a cosa avete scelto i brani della colonna sonora e gli inserti radiofonici?
I brani scelti e gli intermezzi di spot radiofonici servivano a rafforzare questa sensazione di disagio esistenziale e di inadeguatezza alle richieste del mondo esterno che avverte il nostro protagonista.
Sicuramente questa sensazione ha fatto parte della crescita di molti uomini, da quando l’uomo è comparso sulla terra è ha cominciato a combattere il suo simile per impadronirsi di quello che gli apparteneva.
La generazione dei settanta rimane un punto di riferimento recente alla portata di tutti, anche dei più giovani.
E per le sue caratteristiche interne, uso della musica, delle immagini come veicolo forte, sicuramente interessante per uno spettatore giovane.
Tra i brani dei Pink Floyd, eponimi del discorso precedente, ci sembravano adeguatamente esplicativi I due brani che abbiamo inserito:
“Careful with that axe, Eugene” e “Mother “ ; il primo è un brano strumentale dove l’unica interazione con la voce umana si risolve in un urlo, preparato da una lenta e angosciante crescita musicale. La mancanza di parole è esemplificativa della mancanza di strumenti che caratterizza il nostro protagonista che trova nell’autoflagellazione l’unica possibilità di elaborazione del proprio disagio.
Nel corto il pezzo è stato reinterpretato da un gruppo italiano “Ali di vetro”. Questo ci ha permesso un maggior controllo sulla canzone per ottenere gli effetti desiderati.
Mother, con le parole, rende più chiara e pacata, anche se non meno dolorosa, la difficoltà del nostro protagonista ad accettare i termini che la società gli “suggerisce” come condizioni sine qua non per partecipare alla vita della collettività.
Ovverosia la partecipazione alla guerra di turno, la difficile accettazione delle richieste del mondo esterno etc.etc.
Per concludere potete darci qualche anticipazione sui vostri progetti per l’immediato futuro e su dove sarà possibile assistere a proiezioni dei vostri lavori ?
Nel nostro sito www.logovideo.com è possibile vedere in preview tutti i video, e abbiamo un link “tour” aggiornato costantemente con informazioni delle proiezioni ed eventi.
A cura di Marco Valsecchi
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