hideout

cultura dell'immagine e della parola

Erase and Rewind

Erase and Rewind


C’è un (contras)segno visivo continuamente ripetuto nel film di Ridley Scott. All’inizio sono le parole dei titoli di testa che entrano nel fotogramma scivolando lateralmente e spingendo fuori quelle già presenti nello schermo. I raccordi fra le inquadrature seguono poi lo stesso movimento, scorrendo lateralmente una dietro l’altra. C’è un oggetto che esce di scena sospinto fuori da un altro elemento che vuole farsi spazio.

Certo è un segno che si presta bene come metafora della vita di Roy, lacerato da innumerevoli nevrosi e che imparerà, poco a poco, a lasciar spazio a un altro uomo, più sereno. Ed è un segno che racconta anche uno dei momenti più travagliati del percorso di Roy, quando dovrà scegliere se lasciar spazio, nella sua vita, a una figlia che vi sta entrando prepotentemente o mantenere quello spazio occupato dal suo lavoro. Una professione che, guarda caso, richiede proprio di prendere il posto di qualcun altro: per essere un genio della truffa bisogna innanzitutto fingersi qualcun altro, occupare lo spazio in cui sta (che questo qualcun altro sia vero o fittizio, poi, non ha molta importanza).

Il percorso di Roy è delimitato da questi due poli: all’inizio prendere il posto degli altri, alla fine lasciare che se stesso prenda finalmente corpo, concretezza, spazio. Perché in principio Roy sembra ripetersi continuamente, in ogni sua azione, senza dare vita però a un rinnovamento. I tic e le manie che lo distinguono sono legati alla routine, ripetitivi: togliere sempre le scarpe entrato in casa; guardare dalla fessura prima di aprire la porta; aprire e chiudere la porta tre volte. Roy è come un disco rotto che si inceppa allo stesso punto senza riuscire ad andare avanti, un nastro che suona la stessa canzone, si riavvolge e si ripete. Per sbloccare la situazione ci vorrà una novità (e anche qui non importa che sia vera o finta) talmente dirompente da cancellare il Roy fobico e maniaco, per poi finalmente riscrivere un’altra persona, un’altra vita.

Curiosità: Il titolo originale di questo film, matchstick men, significa letteralmente “uomini magri come stecchini”. Si rifletta su come vengono tradotti i titoli dei film quando entrano nel circuito distributivo italiano….

Gli altri film di Venezia

> Il ritorno
> Buongioro, notte
> Il miracolo
> Monsieur Ibrahim e I fiori del corano
> Segreti di stato
> Liberi (Sezione ‘Controcorrente’)
> Ballo a tre passi
> Zatoichi

• Le pagelle dei film di Venezia secondo Hideout

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»