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cultura dell'immagine e della parola

Intervista a Michiel Van Bakel

Vorrei iniziare l’intervista chiedendoti le tue impressioni riguardo al milano Film Festival. Che tipo di esperienza è stata?

Mi sono divertito molto al festival e ho visto alcuni film veramente belli. E’ sempre fonte di ispirazione poter parlare con altri registi riguardo al loro lavoro e alle loro motivazioni.
I componenti dello staff si sono mostrati pieni di entusiasmo e fortemente coinvolti nel far sì che la manifestazione avesse successo, anche se talvolta mi è sembrato che gli avrebbe fatto comodo un po’ di aiuto, la folla in certe occasioni era davvero ENORME!

Nel tuo cortometraggio, Equestrian, hai usato una tecnica di ripresa molto particolare e raffinata, che presuppone una conoscenza profonda del linguaggio filmico. Puoi dirci qual’è il tuo background come regista?

Quello di cui hai bisogno quando ti imbarchi in un progetto di questo tipo – utilizzando contemporaneamente 32 videocamere digitali – è una buona dose di pazienza ed un occhio molto critico, specialmente in fase di montaggio. In questo caso il montaggio è stato compiuto in modo molto intuitivo e la struttura del film è emersa durante la fase di taglio. E’ un processo in cui è facile perdersi, ma io ho avuto la fortuna di avere un montatore eccellente e di grande estro creativo (Reiner van Brummelen); così ce la siamo cavata abbastanza bene. D’altra parte, avevo già girato alcuni lavori in video utilizzando tecniche di questo tipo, quindi non ero un completo principiante.
Per quanto riguarda il mio background come regista; mi sento più a mio agio con il termine artista visuale.

So che hai studiato all’Accademia d’Arte di Arhnem e che sei uno scultore. Equestrian può essere visto come un tentativo di interpretare la scultura da una prospettiva filmica, introducendo la dimensione temporale?

Sì!

Sul palco del MIFF hai parlato del modo in cui ti è giunta l’ispirazione per Equestrian. Credo si tratti di un aneddoto molto divertente, lo puoi raccontare anche ai nostri lettori?

L’ispirazione per questo film è giunta camminando per il centro di Rotterdam, che è fondamentalmente una città costruita per le macchine – molto di più rispetto ad altre città olandesi -. Mentre passeggiavo per le vie centrali mi sono reso conto che migliaia di telecamere di sorveglianza della polizia erano puntate su di me. Così ho iniziato a cullare l’idea di combinare le immagini riprese da queste telecamere da tutti i punti di vista con angolazioni differenti per ricostruire la mia passeggiata. Poi, ad un certo punto, ho deciso di ribaltare la prospettiva: un poliziotto a cavallo (un contrasto vivente rispetto a tutte le auto) poteva essere trasformato in una statua classica attraverso la tecnica del campionamento-temporale, come una sorta di ode ironica all’Autorità Costituita. (Oh, non mi sono dimenticato di citare l’ospite segreto Eadweard Muybridge?)

Per concludere, una mia curiosità personale (perdona la mia scarsa esperienza registica): come hai fatto ad evitare che le telecamere si filmassero a vicenda? Le hai rimosse digitalmente?

HAHAHAHA! Non l’ ho evitato. Non le ho neanche rimosse digitalmente. Le telecamere si sono filmate a vicenda. Ma, poiché stanno tutte in cerchio alla stessa altezza, si sono perse all’orizzonte!

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