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Le famiglie normali

Le famiglie normali


Un ragazzo in mezzo ad una affollatissima pista da skate si toglie la vita, tra l’indifferenza generale, ma in che mondo viveva questo ragazzo? Non lo sapremo tramite la sua storia, ma grazie a quatto storie parallele di suoi coetanei, storie di famiglie disastrate… Qua non si tratta solamente di “disagio giovanile”, siamo immersi in un mondo in cui c’è solo una parvenza di normalità, quando si supera il velo esterno delle abitudini vengono fuori le contraddizioni intime di ogni personaggio. La gente è frustrata, disperata, non esiste neanche un lontano barlume di serenità o di spensieratezza. I ragazzi non agiscono e i gli adulti non agiscono, accettano le loro disperate situazioni, certo magari sognano tutt’altro e i loro discorsi sembrano così lontani da quello loro accade nella quotidianità da sembrare paradossali. I ragazzi non interagiscono tra di loro, c’è una netta separazione, tutto li divide e soltanto il rapporto sessuale a tre della fine del film sembra essere un atto liberatorio, un atto umano, dopo tutto ciò che si è visto, un atto di tenerezza, come un sollievo, come un risveglio.
Il film ci dice che viviamo continuamente situazioni estreme, che ormai la schizofrenia, come altre “malattie” una volta considerate tali fanno parte della nostra vita. Certo, un film non può arrivare a far capire questo tipo di cose se non in maniera estrema e, per certi versi, scioccante: ma siamo solo in presenza di antieroi, che non conoscono pace, serenità, ognuno è preso dalla propria ossessione, ognuno non capisce più qual è il limite tra giusto e sbagliato, tra bene e male, tra normale e anormale. Non si tratta di gente che ha un bisogno estremo di qualcosa che non riesce ad ottenere, ma di gente che non sa nemmeno cos’è la disperazione perché è ad un livello tale che non conosce il suo opposto, ciò che fa nascere la disperazione stessa: la speranza. E la cosa peggiore è che si tratta di personaggi del tutto umanizzati, non degli automi che si lasciano vivere. I nonni di Tate (il ragazzo che più incarna questa normale schizofrenia, questa paranoia ormai del tutto intrecciata con la realtà) sono sereni nella loro “demenza senile” e non possono appartenere a questo mondo in disfacimento, sono dei personaggi che si sente non possano essere inclusi, che non appartengo a questo “mondo possibile”. Il film può essere così incisivo proprio grazie al fatto che la famiglia ne è coinvolta. All’inizio ci si fa credere che il film sia su un gruppo di amici, ma poi in realtà le storie dei quattro ragazzi vengono raccontate in modo parallelo, ognuno è in connessione con la propria famiglia e non con gli altri (in quest’ottica, assume ancora più importanza la scena di sesso a tre: unico momento in cui i ragazzi sono visti in contatto tra di loro).

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