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cultura dell'immagine e della parola

Un mostro di tecnica

Un mostro di tecnica

Negli ultimi anni le pellicole basate su fumetti spuntano come funghi nello sterile mercato cinematografico. Ma nessuna delle recenti produzioni, nemmeno lo “Spiderman” di Sam Raimi, si era avvicinato alla bellezza e alla profondità dei due “Batman” di Tim Burton, realizzati ormai quasi quindici anni fa. Finalmente “Hulk” ci riesce. Il film di Ang Lee non è perfetto, ha qua e là qualche pecca, ma è un vero e proprio film fumetto che avvince per lo stile ancor prima che per l’intreccio. Il regista di Taiwan, insieme al suo fido montatore Tim Squyres, ha trasportato la tecnica dei comics su pellicola, utilizzando spesso lo split screen, facendo scorrere le immagini l’una sull’altra, fermando perfino del tutto la scena a fissare un’immagine. Il tutto mirabilia per l’abilità tecnica, rendendosi totalmente funzionale al racconto di un film fumetto. Lo stile supera la storia quindi. Questo è evidente soprattutto nella prima mezzora, quando si gettano le premesse per l’arrivo di Hulk. La voglia di spiegare tutto subito rende i dialoghi quasi insopportabili ma, passato questo ostacolo, il film prende il volo. La bravura di Ang Lee sta nel riuscire a rendere credibile un dramma edipico all’interno di un film d’azione come questo. Il rapporto tra un Hulk particolarmente umano e il padre (interpretato da un bravo Nick Nolte) è infatti intenso e ben strutturato, come raramente visto in film del genere. Per quanto riguarda gli effetti speciali è inutile soffermarsi, visto che ormai per pellicole ad alto budget è d’obbligo aspettarsi visioni di un certo livello. Lee insomma è riuscito nell’impresa di coniugare elementi alti e bassi in una vera e propria opera pop postmoderna, bivalente come lo stesso regista, ormai a metà tra l’Asia e l’America in un mix di culture che evidenzia in tutti i suoi film. Un ultima notazione per Jennifer Connelly che, vent’anni dopo “C’era una volta in America”, continua ad essere sempre più bella e intensa regalandoci, con i suoi sguardi sperduti, i brividi più umani del film.

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