Nel nome del padre
Dopo il rifiuto del matricidio ne L’ora di religione, Bellocchio si confronta con la figura paterna, concedendole, una seconda volta, la vita. I figli arrabbiati, da malati epilettici o atei convinti, qui sono diventati degli estremisti politici, forse un’altra forma di follia che il regista considera ormai distruttiva. La violenza di Ale (I pugni in tasca) è inservibile al rinnovamento del mondo, l’omicidio dei genitori è solo il risultato di una rabbia cieca senza controllo. E allora, è necessaria la presenza di una donna, Chiara, interpretata dalla splendida Maya Sansa, per ridefinire il rapporto con i padri, per dare una possibilità di riconciliazione con la storia politica e personale agli uomini degli anni ’70. Una donna/soldato, Chiara, che tuttavia compie le stesse azioni di una madre di famiglia taciturna e sottomessa al potere maschile: stira, piega i calzini, prepara da mangiare. Ma la sua femminilità è chiusa, non riesce nemmeno ad avere un rapporto materno e protettivo con un bambino affidatole per pochi minuti da una vicina. E’ una donna/bambina senza nessuno al mondo, tranne la sua fede politica, che diventa come una prigione: la casa in cui è rinchiuso Moro è per lei una gabbia dalla quale non può fuggire se non con la fantasia. E solo nei sogni lei riesce a farsi adottare e perdonare da Moro, a ritornare figlia in armonia con il padre: lo lascia libero e vivo di camminare per le strade, evita l’errore del patricidio, di quell’azione violenta che renderà tutti i figli delle epoche future degli orfani.
Bellocchio conosce la storia, rivede la propria esperienza di militante con ironia e costruttiva delusione: inserisce se stesso tra quelle figure ufficiali che cercavano Moro con l’aiuto dei medium, fa recitare suo figlio Pier Giorgio nella parte di un brigatista dubbioso. La sua situazione è quella del figlio orfano degli anni ’60, colui che ha ucciso i genitori, che ancora non riesce a riconoscersi nelle istituzioni, siano esse nello Stato o fuori da esso. Solo una donna, una donna acerba, può ammettere il bisogno di crescere accanto a un padre. Forse l’Italia stessa dovrebbe rivedere il suo passato comportamento per poter diventare grande, una vera Madre.
Curiosità:
nella scena della seduta spiritica si scorgono alcune persone del club intente a giocare a carte sullo sfondo. Tra questi lo stesso Bellocchio.
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A cura di Francesca Bertazzoni
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