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Pugni nello stomaco

Pugni nello stomaco

La citazione dello stesso libro di Welsh che ho presentato in occhiello già ci lascia intendere a cosa andremo incontro aprendo questo libro: postmoderno puro. Sono passati dieci anni da quando Mark Renton, Rents, Rent Boy o come preferite chiamarlo, ruba i soldi ai suoi amici, scappa ad Amsterdam e mette la parola fine alla vicenda di Trainspotting. E dopo dieci anni ancora ci troviamo di fronte a questa compagnia scalcinata, che guidata da un vulcanico Simon David Williamson-Sick Boy, ci riaccompagnerà per mano attraverso le vicende meno edificanti che accadono a Leith, sobborgo di Edimburgo. Gli amici sono però cresciuti e decidono di impegnare la loro vita in cose ben più serie rispetto alla droga e ai piccoli furti (che restano comunque i loro hobbies preferiti).Williamson infatti dopo un poco fruttuoso periodo a Londra decide di tornare in patria e di dedicarsi al cinema come regista (di pornografia); Spud invece scopre nella scrittura un abile alleato alla sua guerra personale contro l’eroina; e Francis Begbie appena uscito di galera utilizzerà gran parte del suo tempo nella ricerca dei vecchi nemici per “dargli la paga”. Grande novità in Welsh è che accanto ai protagonisti maschili troviamo un personaggio femminile, cioè la giovane Nikki, studentessa universitaria dominatrice e ninfomane, che per guadagnarsi da vivere “massaggia” i clienti di una sauna. E Renton? Beh lui gestisce un club ad Asterdam all’insaputa di tutti, finchè Sick Boy…Insomma, la storia è sicuramente più strutturata rispetto a quella del primo capitolo della saga di Leith, fabula ed intreccio sono più solide, e vengono eliminati i troppo numerosi excursus che rischiavano di confondere il lettore. Di contro possiamo notare come il tutto però si impoverisca di spontaneità e della stupenda polifonia che colpivano in Trainspotting. Si perde anche il passaggio della narrazione dalla prima alla terza persona e viceversa, cosa che ai tempi mi aveva stupito per la sua funzionalità. Un’altra pecca di Porno è sicuramente nella psicologia del personaggio femminile, ben più stereotipato dello stereotipo che intende rappresentare. Nonostante ciò è venuto fuori un libro ancora piacevole, che agisce come un pugno nello stomaco, dato però non ricevuto. L’ironia ancora ci protegge dalla violenza di droga, stupri botte e quant’altro, ponendoci sempre alla stregua di spettatori esterni allo spettacolo, ci svela la sua finzione di modo da rendercela accettabile. E’ un libro che consiglio fortemente di leggere. Certo mia madre direbbe il contrario.

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