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Il Blues visto dalla luna

Il Blues visto dalla luna

Tutto è nato da un’idea di Martin Scorsese: il 2003 è in Usa l’anno di celebrazione del blues e il Buon Vecchio Zio Martin ne ha pensata un’altra delle sue: sette film affidati a sette registi per raccontare la storia della madre di tutta la musica americana. Ed ecco “The Blues”: primo episodio con la regia di Wim Wenders e la presentazione al gotha di tutti i festival, Cannes, dove è stato una delle poche sorprese in un’edizione che non ha certo fatto onore alla fama decennale del suo nome.”Li ho scelti prprio perché sono bluesmen poco conosciuti, grandi artisti senza riconoscimenti”.La scelta di Wenders è caduta infatti su tre musicisti mitici ma semisconosciuti al grande pubblico: Blind Willie Johnson, un pioniere degli anni ’30 che nel film svolge la funzione di narratore (in originale con la voce di Laurence”Morpheus” Fishburne); Skip James, che incide pezzi fondamentali nel 1931 per poi scomparire per trent’anni fino a essere ritrovato anziano e malato nel 1964 e vivere un’ultima grande stagione fino alla morte che arriva nel 1969 e JB Lenoir, attivo proprio negli della seconda stagione di James, uno dei grandi innovatori del blues, il primo ad aprire all’impegno e alla politica (il problema razziale, il Viet-Nam).”Senza il rock oggi sarei forse un avvocato”.Così Wenders quasi trent’anni fa, ma la sua passione per la musica Usa (e non solo la musica) non si è affievolita: deve aver risposto con entusiasmo all’invito di Scorsese per un documentario di omaggio al Blues senza il quale ci potevamo dimenticare Dylan, Stones, Hendrix e compagnia bella.Abituato da sempre ad affiancare documentari a film di finzione ( esattamente come il suo compagno di strada Herzog) creando capolavori come “Tokyo-Ga” o l’arcinoto “Buena Vista Social Club”, Wenders sforna un grande film: se per raccontare la (straordinaria) vicenda di alcuni musicisti cubani assumeva uno sguardo da entomologo lasciando che la storia si dipanasse da sola, presentando queste tre altrettanto formidabili vicende si fa coinvolgere in modo più esplicito. Raccontare la storia di queste tre leggende è narrare anche la vicenda di un giovane studente di cinema tedesco che si innamora di una cultura attraverso la radio e il cinema ( la storia di Lenoir comincia con ke immagini di uno dei primi film di Wenders, “Summer in the city”, in cui ha anche il ruolo di attore): è anche la possibilità di un ennesimo omaggio alla cultura americana, che tanto ha significato per l’autore tedesco.Se il dichiarare il proprio amore per una cultura è forse la spinta iniziale il regista ha però bene in mente che sta facendo un documentario che in primis deve raccontare: tre storie, tre intensi ritratti di tre grandi (anche se non tanto conosciuti ai più, ma se no a che serve un documentario?) uomini e grandi musicisti che inserisce in una storia, in un orizzonte ben preciso.Non solo un omaggio e tre ritratti: Wenders racconta anche la storia americana. Gli anni ’30 e gli anni ’60: l’evoluzione del genere va di pari passo con un’evoluzione storico-culturale: se Skip James nelle sue strepitose ballate racconta piccoli episodi della sua vita per cogliere nel particolare l’universale, JB Lenoir, che si afferma nei caldi anni’60, allarga il campo ed è il primo a parlare del problema dell’integrazione o del Viet-Nam, inserendosi in un momento storico radicalmente diverso da quello del suo predecessore. Almeno tre le direttrici insomma, che si incarnano in una forma straordinaria: materiale d’epoca che si fonde con materiale girato dal regista stesso e alternato a riprese di concerti di artisti contemporanei che interpretano i pezzi dei tre bluesmen con momenti di grande intensità (da ricordare almeno Nick Cave, Cassandra Wilson, Jon Spencer Blues Explosion e Lou Reed). Certa musica, sembra volerci dire Wenders, non invecchia: va ben oltre i suoi confini temporali e geografici, come ci suggerisce la sonda spaziale Voyager che apre e chiude il film, in viaggio verso l’infinito (anche) con una canzone di Blind Willie Johnson.

Curiosità: Gli altri episodi saranno affidati, tra gli altri, a Mike Figgis e Clint Eastwood( musicista lui stesso e già regista di grandi film dedicati alla musica, “Bird” vi dice niente…?). Dimenticavo: Scorsese non sarà solo l’ideatore e il produttore di questo progetto, ma dirigerà uno degli episodi ( c’era da dubitarne? Per fortuna no).

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