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Liberaci dal male

Liberaci dal male

Il mondo è tutto sottosopra, l’America è stata colpita e Carrey non vuole più far ridere la gente. Il cinema mostra la televisione al lavoro e lo schermo sembra così farsi un po’ più piccolo.

E’ il racconto della buona notte per gli americani impauriti dalla 25° Ora: certo, tutti i film concepiti dopo l’11 settembre sono “film post 11 settembre”, ma in questo caso sembra di sentire il bisogno di una società di essere rassicurata, di sapere che, certamente, Dio si occupa di ognuno di loro. E l’uomo fastidiosamente stereotipato che è Bruce Nolan esprime perfettamente quest’esigenza.

In fondo in fondo, anche se tutti i Bruce d’America si sentono un po’ spaesati e non hanno più molta voglia di ridere, sono buoni d’animo e questo Dio sicuramente lo sa. E qualsiasi Bruce d’America può stringere la mano al politicamente corretto Onnipotente Nero e, ovviamente prenderne i poteri. Si, è divertente vedere il Carrey nazionale correre sull’acqua avvicinandosi alla cittadina di Buffalo, o osservarlo mentre divide il minestrone rosso nella sua ciotola da tavola calda, ma i siparietti comici si esauriscono rapidamente, perdono forza nella mediocrità del suo essere un personaggio medio.

Non c’è nerbo nella storia di redenzione, non c’è esaltazione nella resurrezione, perché la consolazione morale riduce il film a un racconto per bambini. E’ una menzogna dei buoni sentimenti, una forma d’arte che si rivela insincera e per questo motivo non è in grado di comunicare emozioni.

Curiosità: Shadyac afferma: “Jim è come un fratello per me, la nostra è una grande amicizia e Una settimana da Dio risponde alle nostre inquietudini, cos’è la forza chiamata Dio? Come agisce questa forza nelle nostre vite? Il film è in fondo la storia della ricerca dell’origine del potere della fede.”

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