Surrealismo alla livornese
Premessa. Cormorano: uccello “da riserva” che predilige le distese palustri …. e le foci dei fiumi.
In “B.B. & il Cormorano” non è importante la storia ma l’ambientazione e i personaggi. L’unità di luogo è una ex colonia fascista, poi ospizio per anziani ora “quasi” residence di lusso situato tra la darsena del porto e la foce del fiume alla periferia di Livorno. In questo spazio si muove una fauna umana di fantasmi impassibili e indolenti cullata dal vento salmastro e immersa in un’umidità stagnante. Se aggiungiamo una pellicola sgranata e dialoghi laconici, l’effetto-sogno è totale. Le rarefatte immagini sono attraversate da astratte macchie di colore “postindustriale” rubate a sbiaditi silos, capannoni in disuso, interni scrostati e macchinari portuali che producono un piacevole “effetto-Kaurismaki”. Anche la colonna sonora, scritta da due giovani livornesi (Simone Soldani e Valerio Fantozzi) e ispirata alla musica underground newyorkese, contribuisce ad alimentare l’alone di magia del film. In questo universo già dominato dall’onirico, la regia, per raccontare il sogno di Mario di partire per gli States, utilizza riprese di New York in 8mm sottolineate dal costante rullare del proiettore. Assecondando l’autoironia del regista possiamo definire “B.B. & il Cormorano” il piccolo “Manifesto del Surrealismo alla livornese”!.
“La storia si perde salvata dai personaggi”
Nella seconda parte i dialoghi si infittiscono, diventano ripetitivi e minano l’atmosfera di sogno; il film sembra girare a vuoto e la mancanza di una storia si fa sentire di più. Selen in versione castana, dopo la scabrosa quanto inutile apparizione in “Scarlet diva” (Asia Argento, 2000) e la prova non esaltante in “Zora la vampira” (Manetti bros., 2000); non convince ancora penalizzata da una recitazione che sembra imparata a memoria; la ex pornostar diventa anche complice di forzate ed evitabili citazioni della commedia sexy anni 70’ (la seduzione dell’idraulico, …). Efficaci gli attori secondari interpreti dei folli abitanti della colonia, tra cui un improbabile ed enorme giardiniere induista (Mario Bonaldi) e un mitizzato zio americano (Marco Giallini). Notevole la prova di Carolina Felline nel ruolo di Gaia, giovanissima cameriera epilettica, precoce, impertinente e dal bellissimo sorriso; particolarmente vivaci i duetti tra lei e Gabbriellini.
“Livorno-New York: destinazione Cannes!”
Un film gentile come il suo prologo con tanto di inchino al pubblico di Mario che balla sulla terrazza. Gli sceneggiatori sono riusciti a creare di un luogo dove tutto è fermo e desideri, stramberie e illusioni si confondono perdendo i loro contorni. E mentre un altro coniglio (“Brown Bunny” di Vincent Gallo) scandalizzava il pubblico della Croisette con la ormai nota scena di sesso orale e, pare, con molta noia, il nostro lo cullava con leggerezza tra le acque salmastre chiudendo in maniera originale e un po’ ingenua la “Settimana Internazionale della Critica”. In attesa dell’aereo per New York, fantasticato attraverso la piantina della subway appesa dietro il letto, Gabbriellini ha capito che da Livorno a Cannes è sufficiente il traghetto!
Curiosità: La canzone “Respirando sale” che accompagna i titoli di coda è cantata dallo stesso Gabbriellini. Le sequenze di New York erano parte di un filmino amatoriale dello stesso regista ed è stato deciso il loro inserimento nel film solo in fase di montaggio.
A cura di Raffaele Elia
in sala ::