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Approfondimenti: videomusica e videogame

I connotati dell’intrattenimento entrano in (im)prevedibili fasi di mutazione: rockstar diventano attori o eroi virtuali, personaggi dei fumetti e dei videogame si riscoprono star del cinema, star del cinema spostano i set nelle sedi istituzionali.
Ora l’emittente giovanilista Mtv sta per lanciare Video Mods, un nuovo programma i cui protagonisti dei videoclip sono gli stessi dei titoli ludici più amati. Questa nuova scommessa rientra nelle sue tattiche sempre all’avanguardia e capaci di trasformare le costrizioni esterne vincolanti (strategie di marketing delle case discografiche, esigenze commerciali, routine produttive delle figure professionali coinvolte nel processo) in stimoli a pratiche di sperimentazione stilistica. Su questo campo Mtv sale indiscutibilmente sul trono delle emittenti tra le più capaci nel cogliere i trend della società e nel saperli codificare in forme di entertainment di successo. I Video Mod saranno spettacoli della durata di circa mezzora in cui si avvicendano videoclip interpretati dai personaggi dei titoli di videogame più gettonati, che ballano e cantano al ritmo delle hit musicali del momento.

Un rimescolamento di eliche genetiche di videomusica e videogame che avevamo già avuto modo di apprezzare con il video del 2000 dei Red Hot Chili Peppers, Californication (regia di Jonathan Dayton e Valerie Faris). In questa occasione però, il processo è differente: l’identità della star (intesa come band) entra in una nuova fase di sperimentazione del suo regime di significazione, valorizzando la dimensione corporea ed estesica della star, in un processo di mutazione virtuale digitale. Non solo, con Californication, le figure dell’enunciazione audiovisiva della videomusica accorpano quella dell’enunciazione videoludica, nello specifico di un actiongame alla Tomb Raider, con i quattro membri del gruppo al posto della prorompentea Lara Croft. Diventano avatar con caratteristiche e abilità specifiche, riferite al loro ruolo nella band (vocals, guitars etc.). Lo schermo si tappezza di pop up che visualizzano barre energetiche, life, stamina, mosse speciali e posizione dinamica nella mappa del gioco.
L’elemento ambientale invece, si inserisce nel percorso registico dell’accoppiata Dayton-Faris, che ha spesso scelto di dirigere gli esterni per raffigurare il senso allegorico dei rispettivi brani. In questo caso è proprio la lyric a svolgere un ruolo decisivo nella collocazione semantica dell’ambiente. La California è rappresentata come un’isola nell’oceano, un west ultracivilizzato da restare separato dal continente; e il testo della canzone dice:

[...]
«Pay your surgeon very well
To break the spell of aging
Celebrity skin is this your chin
Or is that war your waging
»
[...]

descrivendo un mondo artificiale, ricostruito e rimodellabile (da cui la messa in scena del videogame), che permette di (ri)giocarsi una partita all’infinito, una volta giunti al “game over”. La cultura hollywoodiana, a cui ammicca il testo, viene descritta dal testo della canzone come un universo a parte, con il potere di ritagliare con un bisturi il corpo dei suoi giocatori, una materia corporea non più di carne ma di silicone, silicio e pixel: malleabile. Il fisico della star che muta a seconda [img4]dei desideri e dei trend.

La stessa filosofia (esaltata da questo video e criticata dalla stessa canzone, in un gioco all’antitesi), che sta dietro alla cultura della videomusica industriale, legata alle grandi major discografiche e alle emittenti televisive di spicco. Costruire una star, imponendo agli artisti di andare oltre la semplice esibizione di una performance, e predisponendolo a “subire” una serie di interventi di manipolazione che mirano a trasformare un’immagine pubblica in un’icona, un corpo patinato, in un marchio da mettere sui cd, in un avatar da scegliere per affrontare il livello “terremoto” del nostro videogame all’ultimo grido.

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