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Approfondimenti: l’avanguardia Gorillaz


Comiciate col cancellare dalla mente il modello trito e ritrito di band composta da piccoli fighetti da passerella col musetto tutto acqua e sapone o quello punk-core composto da furie ninja che si librano tra salti mortali senza mai sfasciare in terra il basso da 30 mila euro. Dimenticatevi anche i membri della band, della loro stessa materialità, perché se non verranno divorati dal loro stesso abuso di forme di rappresentazione videomusicale, scorrendo dopo due giorni nello sciacquone del dimenticatoio, di sicuro sono stati superati (artisticamente parlando) da progetti sperimentali oggi decisamente all’avanguardia.

Avanguardia, attualmente significa soprattuto rete, web: non casualmente la maggior parte di questi esempi li potete gustare direttamente dentro certe nebulose di creatività che in internet hanno trovato il loro habitat naturale (consiglio di dare un’occhiata al video della Sigismondi per Bjork, I’ve seen it all, esempio di video interattivo). Già nel 2000 MTV aveva iniziato a programmare una piccola selezione di “webeo” (web + video), forme brevi nate dalla contaminazione reciproca di linguaggio audiovisivo e multimediale. Ma per dover di cronaca, e per dare al lettore di hideout un minimo di ricostruzione filologica su questo neonato genere del videoclip, è il momento di presentare il “caso Gorillaz”, alle origini del fenomeno sopraccitato.

Con il progetto Gorillaz, la sperimentazione artistica in unione con gli scopi commerciali, giunge a una svolta: per la prima volta l’immagine di una band giunge sul mercato sfruttando pienamente la strategia del multiformato.
Un team di produzione con un bagaglio di idee davvero innovative, formato da Dan The Automator Nakamura, Kid Koala e Del Tha Funkee Homosapiens, ha supervisionato un’operazione originalissima: trasformare un gruppo di quattro musicisti piuttosto famosi (Damon Albarn dei Blur, Miho Hatori delle Cibo Matto, Tina Weymouth e Chris Frantz di Tom Tom), in una band “virtuale”, i cui membri hanno preso nome e vita da fumetti (disegnato da Jamie Hewlett, il noto creatore del fumetto di culto Tank Girl).

2D, il leader della band (“alter ego” di Albarn) è un cantante con le occhiaie scavate e un look punk; Murdoc, il chitarrista, si presenta come un cultore di riti satanici; Russel, (“alter ego” di Dan The Automator Nakamura) è un batterista dal fisico massiccio posseduto dallo spirito di un rapper chiamato Del (vedi il videoclip Clint Eastwood); Noodle, la bassista, è una principessa giapponese di undici anni.
I quattro personaggi-alter ego si presentano con la novità di far convergere mezzi di comunicazione e linguaggi diversi, all’interno di un’identità complessa e dinamica. Le avventure dei personaggi si evolvono sfruttando in modo trasversale Tv (tre i video realizzati all’uscita dell’album), stampa (i cantanti dopo le interviste lasciano i disegni del loro personaggio, senza farsi mai fotografare) e in particolare il web (il sito ufficiale www.gorillaz.com, permette di entrare nel rifugio della band, con la [img4]possibilità di giocare e interagire con le loro storie, che si sviluppano in stretta relazione con la preparazione di nuovi album e comunicati per la stampa). Ed è questo l’aspetto forse di maggior originalità: 2D e compagni vivono in un ambiente complesso, fatto di fusioni tra reale e fantastico, un mondo trasformista e schizofrenico che si adatta e si evolve alimentandosi dell’attenzione che i media gli riservano. Lo scenario virtuale viene ricreato ogni volta che l’uscita pubblica del gruppo si fa vicina, strutturandosi in una forma complessa, sincretica che ridefinisce i confini tradizionali imposti dalle differenze di forma testuale.

Realtà e finzione confondono le loro rispettive linee di demarcazione, fondendosi, riducendo corpo e iconicità della pop star (Damon Albarn) in uno schizzo smilzo a due dimensioni (2D), e generando un mondo parallelo, un’altra dimensione che si ricrea grazie alla fusione della verità (la musica dei cantanti) e la fantasia (i cartoon dotati di vita propria). Forse è il caso -finalmente- di urlare all’Avanguardia!

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