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cultura dell'immagine e della parola

Approfondimenti: il bambino nel videoclip

Una scena di We don't careIl bambino uscito dal grande schermo e quello plasmato dal videoclip si incontrano per strada. Il primo attraversa goffamente Central Park, pronto a sconvolgere i progetti di una famiglia per bene (Io sono Sean, Jonathan Glazer, 2004), l’altro ha il passo pesante di Paul Gascogne prima della solita sbronza al pub (video We don’t care, Audio Bullys).

Il clip degli Audio Bullys è spiazzante. Protagonista un giovanissimo attore. L’andamento da bullo delle badlands urbane, il grugno da cinghiale e la prepotenza da hooligan sono il ritratto di un venticinquenne aggressivo con gli ormoni a forma di trota. Eppure sullo schermo vediamo solo un marmocchio di dieci anni. Sgrano la vista, metto a fuoco meglio. Niente, è proprio così. Il personaggio di We don’t care ricorda da lontano il piccolo Sean del film di Glazer, per Una scena di Birthaltezza, taglio di capelli, paffutezza. Ma forma e significato della figura bambino nei due casi sono profondamente diversi. Se nel film il corpo del bambino sembra ospitare l’anima trasmigrata di un adulto, trasparendo dal suo sguardo e dalle sue parole, nel video il corpo infantile ha tutto un altro spessore, presentandosi come territorio da esplorare con estrema libertà e versatilità dal linguaggio del videoclip. Ma We don’t care è un caso particolare, l’intervento tecnico è ridotto all’osso: nessun trucco o effetto speciale. Senza bisogno di bisturi o maquillage, il bambino subisce una sconcertante deformazione espressiva, incarnando gli atteggiamenti propri dell’adulto nelle articolazioni e nelle smorfie di un corpo infantile. E il ribaltamento semantico è evidente: quello che vediamo è un uomo mai cresciuto.

Che sia videoclip o cinema lo spettatore viene spiazzato attraverso il bambino che diventa simbolo e strumento insieme. Passando attraverso lo sguardo puro e destrutturato del fanciullo su una realtà adulta chiusa su se stessa (cinema), Una scena di Come to daddyoppure intervenendo sulla carne dello stesso con operazioni chirurgiche di risemantizzazione e defigurativizzazione (videoclip); con pretese di verosimiglianza nel cinema, e rendendo palese l’opera di costruzione nella videomusica sperimentale, attraverso l’esplicitazione del mezzo tecnico. In ogni caso la parola d’ordine è scioccare. Quindi perché non sfruttare un’efficace tecnica d’impatto pubblicitaria mascherandola da gesto artistico o con uno spunto effettivamente tale? Le strade seguite sono sorprendenti, il bambino è la materia prima da modellare con soluzioni espressive rivoluzionarie. Ce n’è per tutti i gusti. Innestare il volto del cantante Aphex Twin sulle teste di una banda di teppistelli (Come to daddy, Chris Cunningham), stirare i lineamenti dolci di bambini asiatici in una smorfia demoniaca (Freak, Daniel Levi), truccarli come nottambuli stregoni africani (Galvanize, regista) fino a scoprirli cantare immersi nella placenta materna (Teardrop, Walter Stern). Strategie funzionali al meccanismo dell’impressione-ricordo, è lo shock sul pubblico che lascia una traccia del video nella memoria, quindi del singolo o dell’album al prossimo passaggio nel negozio di dischi. Ma la finalità comunicativa [img4]può anche essere parzialmente slegata da scopi commerciali. È il caso di video di sensibilizzazione quail Untitled #1 dei Sigur Ros, per la regia di Floria Sigismondi, dove degrado naturale e innocenza infantile si giocano la partita della sopravvivenza in un climax drammatico, e all’opposto Nature Anthem dei Mùm che propone, attraverso il travestimento di bambini in alcune specie animali del bosco, un ritorno giocoso al contatto con la natura.

È l’ultimo appuntamento col “piccolo”. Scavalchiamo l’anonimato della metropoli, dove il nostro viaggio aveva preso le mosse attraverso l’estremizzazione scioccante della figura bambino, per arrivare alla fusione di sentimenti e gesti d’amore, nel calderone naturale della foresta e del cortile da gioco dove l’archetipo spontaneo infanzia-purezza-amore torna a essere lui: il bambino nella sua vita semplice, senza computer grafica e mascara.

• Videografia consigliata

Audio BullysWe don’t care
Il bambino come immagine della sciocchezza e dell’immaturità. Waltern Stern cattura le ansie del nostro tempo: l’adulto si traveste da bambino capriccioso che odia le minoranze e si crede virile. È assurdo sentirsi padrone del proprio piccolo mondo? Lui cammina, cerca la rissa e immaturo ride. Il regista segna l’ansia di quest’anima che crede di partecipare nel mondo, ma che non vede la propria maschera. Di bambino.

Aphex twinCome to daddy
Apocalittica visione del Male sotto gli occhi di chi è stato bambino. Il suo stupore diviene rabbia e aggressione. L’opposta maturità di un’anziana signora carpisce il rovesciamento del mondo. Il video di Chris Cunnigham è lucido nella sua dimostrazione di orrorifico e inquietante: il bambino è la deformità intoccabile, e l’impossibilità di credere a tale immagine, oppressiva e dolorosa. È la forza di Francis Bacon.

Chemical BrothersGalvanize
Il bambino copia il mondo che lo circonda. È una spugna di memoria che racchiude il meglio (?) del nostro tempo. Il regista ricrea la moda del krumping di LA attraverso lo sguardo di tre bambini che attuano la propria fuga attraverso il travestitismo. L’elemento che contraddistingue il videoclip è l’incolmabile gap che attraversa le due generazione: età acerba – età adulta.

Massive attackTeardrop
Nella sua immediata innocenza, gli occhi di un feto ammirano il paesaggio che dentro al suo universo gli appare. La musica che, gentilmente, sussurra, è l’inconscio degli impulsi che in futuro lo imprigioneranno in mondi pieni di senso. Walter Stern ha creato un piccolo tableau che difficilmente si dimentica, perché si scioglie nella lacrima del video.

Sigur RosUntitled #1
Come ha detto Floria Sigismondi, l’immagine che le sovviene all’ascolto della canzone la influenza per quello che sarà il plot del video. In questo video, la figura del bambino è intrisa di forza e noncuranza. Perché tale pessimismo in tanta pace e armonia? Il suo mondo, benché reso irrespirabile dai suoi creatori, è dolce, perchè l’unico possibile. L’abitudine lo rende schiavo della sua tortura. Sporcando il migliore dei mondi possibili, l’infanzia.

LFOFreak; ProdigyHot ride di Daniel Levi
Siamo stanchi. Basta con i visi contratti di poveri bambini asiatici che diventano cattivi, sadici o clown. Ogni curiosa idea ha un tempo, e pensiamo che l’immagine bambino di Squarepusher o di Aphex twin (entrambi firmati Chris Cunningham) sia unica, e inimitabile nel prossimo futuro. Niente da dire a Daniel Levi: superbe inquadrature, impeccabili ralenti…Ma non è ora di cambiare eredità?

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