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Isola tempestata

Isola tempestata

La storia si svolge tra Madrid, quasi sempre avvolta nell’ombra, e Formentera, inondata di luce e colori brillanti. Una scelta, quella della sovresposizione nell’isola, che fa supporre nell’idea del regista un flashback o un sogno. L’utilizzo del bianco infatti, usato (e non sempre) per dare un indicazione geografica
mette lo spettatore sul chi va là, sembra avere un significato
simbolico, invece è solo una scelta fotografica, peraltro poco azzeccata.

“Quest’isola è un gigantesco coperchio, non poggia su nulla, è tutta fatta di buchi, e quando c’è la tempesta, gli abitanti hanno il mal di mare e non sanno il perché”. Queste le prime parole che sente Lucia quando arriva sull’isola, mentre scappa dalla probabile tragedia che ha colpito il suo fidanzato. Nell’ ultima telefonata fatta con lui, si convince che qui scoprirà i veri motivi della crisi che ha colpito la loro relazione.
Da qui il film è una serie di flashback, dai quali risulta incomprensibile separare i brani narrativi del romanzo che Lorenzo sta scrivendo dai fatti di vita vissuta. La trama inizia a sciogliersi: Lorenzo scopre di essere un papà e cercando di conoscere la figlia si trova immischiato in una relazione con la sua baby sitter che lo turberà quasi fino a renderlo pazzo.
Fino a qui il regista ha svolto il suo compito come il migliore degli Almodovar, a parte le marachelle da camera da letto. Da questo punto inizia una parabola grottesca di assassinii, peni giganteschi e trattazioni filosofiche su di essi, ed un insieme di riferimenti simbolici decisamente forzati, fino al finale a sorpresa.

Paz Vega, astro nascente del cinema spagnolo, è bellissima e spesso così come mamma l’ha fatta. Forse troppo spesso. Le scene di sesso durante tutto il primo tempo sono addirittura superflue rispetto all’economia della storia.
Nasce allora il dubbio che il titolo del film sia stato scelto solo per catturare l’attenzione sulle pagine dei giornali.

Un bel film se, come dice il regista nell’intervista, “si ferma la mente,
per lasciarsi trasportare dalla corrente delle emozioni”. Per chi non si pone troppe domande e non ci pensa più appena partono i titoli di coda è sicuramente un modo emozionante di passare poco più di un paio d’ore.

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