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La luna nell’altra metà del cielo

La luna nell’altra metà del cielo

Un libro fatto di altri libri, fatto di cinema, di immagini e immaginazioni, come dice lo stesso David Zimmer, “un libro di frammenti, un collage di colori e sogni parzialmente dimenticati.”Illusione pura, dunque.Un uomo perso nel suo dolore per la scomparsa tragica dei famigliari, che va alla ricerca di un altro uomo che si è perso, un attore, un regista, un costruttore di fantasie. Nascondendosi per mesi dentro la visione di film comici muti, con lo scopo di scriverne un libro, le sue illusioni iniziano a prendere forma e finiscono per portarlo in una realtà onirica, di donne dalla doppia faccia, di artisti che muoiono con la loro arte, di uomini che cambiano nome e diventano nuovi uomini, un mondo di maschere e di storie di celluloide che si mescolano al mondo fuori dallo schermo. Ma dove sta la parte reale del cielo?Per uno scrittore come Auster, che ha addirittura introdotto un personaggio suo omonimo in “Città di Vetro” i nomi non sono casuali. “Zimmer” in tedesco significa “stanza” e difatti David è come uno spazio che si lascia attraversare e riempire. Una mente ottenebrata dal dolore, dall’isolamento, che diventa l’unico luogo di riferimento per giudicare cosa è vero e cosa non lo è. Zimmer è la voce narrante a cui ci affidiamo, ma è anche un uomo che cerca di reinventare ogni giorno un mondo che gli pare sempre più insopportabile, che si seppellisce nella traduzione dei Mémoires d’outre-tombe di Chateaubriand, facendosi servitore del testo, allontanandosi da se stesso, un narratore che si considera un morto che passa le sue giornate traducendo i libri di un morto. Scrivere è come bere per David: gli serve per abbandonare il suo corpo e la sua mente. E in un momento si ritrova talmente fuori da se stesso che morire o evitare la morte diventano la stessa cosa: dall’incontro con Alma Grund la storia prende una svolta ambigua e folle, dove le persone e gli avvenimento si confondono, si raddoppiano e si perdono tra libri scritti da uomini morti e libri mai letti, che per questo diventano morti, tra i racconti di Alma e i film di Hector. Alma è colei che da la vita, che alimenta, forse, la speranza per la vita di Zimmer. E’ una sorta di fantasma che lo condurrà verso il suo doppio reale o immaginario, verso Hector Mann, personaggio che ha molteplici nomi come molteplici e intercambiabili sono i nomi e i personaggi di T di New York”. E forse essere molti significa perdersi, annullarsi e non essere più nulla. Mann e Zimmer sono molto simili tra di loro: entrambi hanno seppellito la propria donna e i propri figli, entrambi sono perduti, entrambi cercano di avvicinarsi all’autodistruzione senza mai compierla fisicamente. Frida e Alma sono le loro salvatrici, forse l’incarnazione dell’ispirazione poetica, l’arte che cerca di salvare il proprio creatore per salvare se stessa. Come suggerisce il film di Hector raccontato da David, “La vita interiore di Martin Frost”, Claire è l’arte stessa amata dallo scrittore, è il fuoco della passione artistica, che una volta espressa si riduce in cenere e muore, e per mantenersi accesa non può venire raccontata e rischia, in questo modo, di bruciare l’artista stesso.Per questo motivo, per salvarsi la vita, Mann ha premeditatamente deciso di distruggere la sua arte una volta morto, e per lo stesso motivo Zimmer/Auster ha scritto un libro che si brucia da solo, un libro parziale e senza verità, costruito su illusioni, che guarda solo una metà del cielo, quella senza luna. E David, nelle ultime pagine, cerca di costruire un’altra realtà, cerca di mostrare anche il lato lunare del racconto, facendone ancora più chiaramente un’illusione senza soluzione.Un senso unico non esiste ne “Il libro delle illusioni”: solo la constatazione senza speranza che afferrare la verità non è possibile nemmeno per l’arte. E forse questa è l’unica realtà dell’illusione.

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