Madre Terra
Un esordiente sessantenne della provincia di Nuoro, brigadiere, apprendistato da Olmi e studi alla Scuola Civica di Cinema di Milano.
Un film che è una favola triste, il confessarsi di un uomo che deve raccontare ciò che sente e ciò che ha visto, la sua terra bellissima e spietata, l’arsura, che brucia i pascoli, che scurisce la pelle. E lì in mezzo il pallido e magro Emilio, ragazzo della riviera romagnola, che scopre la vera bellezza del mare e la difficoltà di mantenerlo così vergine e pulito.
Perché a Coloras la Sardegna è splendida, ma crudele. E’ stretta nella violenza che Sanna mostra con discrezione e delicatezza, attraverso i primi piani insistiti degli occhi azzurri dell’assassino, che si oppongono a quelli scuri e abbassati, già condannati alla cecità, di un bambino che ha visto la morte del padre, nel particolare di un fiotto di latte bianco che si sparge per terra come sangue, nelle scene più convulse della mattanza dei capri (immagine che nella sua sacralità restituisce tutta l’assolutezza ineluttabile del potere della violenza); nel silenzio artificiale che fa tacere persone e cicale, lasciando isolata in mezzo ad una strada una (ma)donna dolorosa, impotente di fronte alla morte che la circonda.
Certo, un’opera prima che è anche piena di ingenuità, una narrazione che a tratti si sfila e si dilunga, perdendosi nel ricordo di una terra amata, abbandonata, di cui il regista vuole forse riappropriarsi con un suo personale percorso all’interno del film, riscoprendo la forza e la nobiltà strappata delle donne sarde, che sono figlie e madri, giovani e vecchie, ma tutte profondamente concentrate nella sopportazione del dolore quotidiano.
Tanti volti di donne per ritrovare l’univo volto della terra Madre, ancora una volta amata, ancora una volta troppo dura per lasciarsi amare dai suoi figli.
Curiosità: Sanna, nativo di Benettuti (Nuoro); carabiniere dal 1962, risiede a Milano da oltre trent’anni. Negli anni Settanta è stato collaboratore del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Dichiara di aver appreso il cinema da Ermanno Olmi, dal quale ha ereditato “la ricerca di veridicità negli ambienti, nelle ricostruzioni e nelle riprese di situazioni reali”.
A cura di Francesca Bertazzoni
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