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cultura dell'immagine e della parola

Intervista: Studiomanolibera

Com’è nato StudioManolibera? qual è la vostra formazione artistica?

StudioManolibera è formato dal sottoscritto: Andrea Princivalli e Francesca Grey - My sweet hellTosetto più altri vari collaboratori tra i quali Andrea Simonato. Il progetto Manolibera è nato dal nostro comune desiderio di svincolarsi da ditte, padroni e responsabili che potessero interferire con i nostri modi espressivi… abbiamo capito velocemente che per ottenere questa libertà dovevamo da subito renderci indipendenti e autonomi. Certo è una situazione professionale più “a rischio”, ma noi crediamo fermamente che fare ciò che più ci piace è già un gran guadagno. Certo non è facile, la nostra realtà è piccola, marginale e per di più alternativa, ma con la costanza e l’impegno speriamo di far conoscere ciò che facciamo sempre di più e meglio.
Le nostre formazioni artistiche hanno aiutato ha concretizzare questo progetto, proveniamo da esperienze scolastiche consimili: liceo artistico, accademia di belle arti ecc. Ma più importante ancora sono la comunione di intenti, abbiamo tutti un forte desiderio di esprimere la nostra creatività con tutti i mezzi possibili: dalla pittura alla fotografia, dall’illustrazione all’animazione. Questo desiderio ci spinge sempre ad esplorare quelle aree di confine tra mercato e ricerca che, spesse volte si concretizzano nei videoclip.

StudioManolibera non fa solo arte ma la insegna… Ai bambini. Perchè questa scelta?

Proprio per il motivo che ci piace esprimerci con ogni mezzo creativo, crediamo fermamente anche nell’insegnamento di questi “valori”. La creatività è un bene prezioso, non va lasciata rinsecchirsi. Può sembrare retorico, ma i bambini hanno una creatività incredibile, purtroppo essa è velocemente condizionata dai mass media, ma quando è genuina ha una preziosità meravigliosa. I corsi sono iniziati quasi per gioco, ora sono ormai tre anni che gli svolgiamo e i risultati spesso stupiscono noi per primi. I corti che si realizzano hanno una magia e un fascino indiscutibile. Ora capiamo perché artisti come Picasso o Mirò si ispirassero al mondo dell’infanzia.

L’animazione dà la possibilità di disegnare e costruire immagini, quasi una marcia in più per scandagliare nell’immaginario. Quali sono stati, nel vostro lavoro, gli aspetti positivi e negativi di questa tecnica?

Personalmente adoriamo l’animazione sotto ogni sua forma, ma ci sentiamo sempre degli allievi di fronte ai Maestri del passato (anche recente) e ai loro lavori. Abbiamo cominciato molto giovani ad interessarci alla storia e alla tecnica di come si facevano i “cartoni animati”. Trascurando molto velocemente tutto ciò che era animazione commerciale, ci siamo indirizzati alla ricerca di quelle animazioni d’autore che sono sempre pozzi di ingegno e creatività: Alexandre Alexeieff, Norman McLaren, Len Lye nel passato; Piotr Dumala, Toccafondo, Catani, Phill Mullhoy nel presente, oltre a moltissimi altri, sono diventati ben presto degli ispiratori di tecniche, stili e contenuti. Con gli anni abbiamo appreso sul campo molte lezioni, imparato tanto, sperimentato molto, ma manca ancora tanto per raggiungere i risultati che vogliamo. Ora con il digitale tutto è semplicizzato, ma allo stesso tempo per essere innovativi e non solo nostalgici bisogna trattare la computer graphic come un territorio nuovo, ma non fare tabula rasa del glorioso passato che ci ha preceduto. Personalmente non ci piace tutto il 3D, quando spinge troppo sul realistico restiamo ammaliati per la verosimiglianza, ma il risultato è poco poetico e creativo. Resta il fatto che attualmente la vera rivoluzione dell’animazione verrà da lì! Noi come piccolo studio preferiamo fare una scelta nettamente alternativa, come dice il nome stesso Manolibera: spingiamo su una realizzazione che parta sempre e comunque dal “fatto a mano” per poi esasperare il tutto con una buona elaborazione e post produzione digitale.

L’animazione nel videoclip è molto osteggiata dai discografici perché il cantante non compare in playback. E’ un problema che si pone anche nel caso degli indipendenti?

Fortunatamente non abbiamo mai avuto di questi problemi, le band con le quali abbiamo collaborato ci hanno lasciato sempre massima autonomia e libertà interpretativa. Ovviamente ciò era legato spesso anche a questioni di low low Fahrenheit 451 - Cammina Camminabudget, ma in generale anche quando si è prodotto con budget medi gli artisti si sono sempre affidati a noi con fiducia. Siamo un gruppo di lavoro motivato e sempre propositivo. Noi per primi ci poniamo dei dubbi, ma poi se questi si risolvono ci buttiamo anima e corpo nel progetto.

Parlateci dei vostri attrezzi del mestiere: matite, pennarelli, pastelli e pupazzetti. Solo materialità dell’immagine e l’artigianato o anche apporto di tecnologia?

Come detto per nostra scelta rifuggiamo dall’uso indiscriminato del digitale. Questo per quanto riguarda la grafica, la creazione delle immagini o dei personaggi, ma ovviamente per elaborare il tutto attualmente il computer e molti suoi programmi permettono di sistemare meglio e più velocemente qualsiasi cosa ci salti in mente. Un programma di riferimento per elaborare i frames è Photoshop, ma molto utile e anche Paint. Per elaborare il filmato ci affidiamo ad Adobe After Effects che su molte cose è veramente eccezionale. Infine per l’editing e il montaggio ci troviamo molto bene con Adobe Premiere. Crediamo che al giorno d’oggi questo sia l’iter classico per chi realizzi animazione 2d o comunque lontana dal 3d con un budget contenuto. La nostra peculiarità è ovviamente la partenza: il creare sempre immagini a manolibera ci permette di essere sempre propositivi.

Riversate su pellicola o su digitale?

Tutto in digitale (purtroppo) la pellicola è troppo costosa e per comodità di elaborazione e post produzione il digitale è il massimo. Però ci piacerebbe molto provare la pellicola.

Quali sono i costi dell’animazione?

Umanamente è una faticaccia, tutti sanno che per un secondo di girato si devono fare 24 immagini diverse. Attualmente anche se il computer ti aiuta, le nostre scelte stilistiche ci impongono di realizzare sempre e comunque tutto a mano. Questo da un lato propone soluzioni inaspettate e molto interessanti, dal lato opposto perÚ rallenta un poí i tempi di produzione che superano sempre il mese di lavoro. Per i costi in Italia ci sono dei livelli a cui fare riferimento, poi chiaramente noi siamo sempre disponibili e valutiamo sempre se il progetto ci interessa e la disponibilità economica degli artisti stessi.

Quale secondo voi il futuro dell’animazione del videoclip in Italia e i registi che vi hanno colpito di più?

In Italia il videoclip di ricerca o d’animazione è sinonimo di passaggi pari a zero. noi siamo stati spesso fortunati. Infatti sono stati trasmessi numerose volte in tv, anche in orari non da nottambuli e su reti anche “difficili”: Videomusic, Viva, Mtv, ReteAllMusic, addirittura hanno avuto passaggi anche sul Tg1 su Rai Uno e su Blob! Ma a parte ciò, la situazione per il clip italiano alternativo è critica, se il “trend” non cambia la soluzione sar‡ solo nel satellite, infatti alcune tv si sono già attrezzate per la trasmissione di tutto quello che abitualmente la tv “generalista” non passa. Un passaggio nel satellite è sempre qualcosa, ma anche qui ho paura che una volta che entreranno in gioco i grossi interessi l’aria si farà pesante. Certo i buoni esempi di animazione al servizio del videoclip non mancano. I nostri registi di riferimento sono spesso registi díanimazione díautore, spesso distanti dal mondo del videoclip, ma con trovate e innovazioni che è bello riscoprire. Per restare nellíambito animazione-videoclip direi che i nostri punti di riferimento sono i videoclip díanimazione per Peter Gabriel, i Radiohead, i Coldplay ecc. I registi spesso restano nell’ombra di nomi così famosi, ma per noi sono sempre nomi importanti: Brothers Quay, Bolex Bros, Tim Hope, Michel Gondry, Jonas Odell, Rosto, Sigismondi ecc.

Nel vostro caso come avviene la stesura della sceneggiatura? La scrivete a più mani con l’artista?

I musicisti ci lasciano quasi sempre carta bianca, per noi è importante scambiare sempre quattro chiacchere con loro, ma poi l’emozione che ci dà la canzone è sempre la cosa più giusta da seguire. I nostri interessi personali, il nostro immaginario possono spesso arricchire o far vedere sotto una luce diversa i testi delle canzoni stesse, questo ci è sempre stato riconosciuto e ci ha sempre gratificato molto.

E’ l’artista che vi viene a cercare o viceversa? Come si sviluppa solitamente questo rapporto?

La situazione ideale sarebbe che i clips precedenti attirino l’attenzione di altri artisti, ma purtroppo non sempre è così. Per questo ci occupiamo di inviare show reel agli artisti che ci sembrano più consimili a ciò che potremmo offrire loro. Alcune volte non si riceve nemmeno risposta, altre volte invece ha funzionato alla grande. Noi speriamo che interviste come queste possano essere utili anche a questo.

Descriveteci sinteticamente le tecniche utilizzate nei diversi video e in particolare nell’ultimo My sweet hell dei Grey.

A noi piace sperimentare, questo si vede subito dall’eterogeneità degli stili dei nostri corti e clips. Diciamo che ci piace sfidarci e provare strade che non abbiamo battuto…in principio si parte da ciò che si sa far meglio, quindi disegnare. Per stupire un poí il pubblico poi si tentano tecniche bizzarre, tipo la stop motion, pupazzi o il graffiato su pellicola. Proprio con questa tecnica abbiamo concepito e realizzato “My sweet Hell” dei Grey. La musica era molto diversa dai generi affrontati sino ad allora e quindi ci siamo immaginati subito il clip Fahrenheit 451 - Uccidiamo il chiaro di lunacon una grafica molto più raffinata ed elaborata. Abbiamo sperimentato molto fino ha trovare la soluzione. Francesca si è offerta come modella, è stata fotografata in varie pose a sequenza e poi queste foto sono state scontornate, fotocopiate su acetato e graffiate, quindi si sono inserite su sfondi ricavati con la medesima tecnica, il tutto elaborato e sistemato al computer. Il risultato è forse un po’ dark, ma di sicuro impatto. Era praticamente la prima volta che usavamo massicciamente il computer per dare movimento a queste foto, ma l’effetto graffiato, e i vari effetti di pellicola rovinata sottolineano una espressività comunque e sempre manuale e ciò ci andava bene.

Siamo schietti: il videoclip in Italia si divide molto più che altrove tra video perlopiù miseri in circuito su alcune emittenti televisive, la cui unica funzione commerciale appiattisce la forma e il racconto, e interessanti video sperimentali indipendenti come i vostri, a visibilità praticamente azzerata. Se la tv vi snobba per il vostro scarso potere di vendibilità discografica, internet o quale altro territorio dell’agire quotidiano puÚ essere una possibile scialuppa di salvataggio. In che modo?

Purtroppo è vero, se guardiamo i videoclip che passano nelle tv musicali la situazione è drammatica e per di più in peggioramento. Una soluzione potrebbero essere i canali satellitari. Poi fortunatamente esiste internet. Noi con il nostro sito e i vari link è possibile visionare praticamente tutta la nostra produzione. Molto utili a questo servizio sono alcuni siti tipo shortvillage o cortoweb. Chiaro che questa non è per ora una soluzione pari alla visibilità in Tv, che resta il vero obbiettivo di un qualsiasi videoclip, ma tant’è…

Lavorare con le etichette indipendenti dà minori vincoli creativi e più spazio alla sperimentazione. Avete mai avuto proposte da grosse case discografiche, accettereste?

E’ vero, la libertà è importante, ma allo stesso tempo siamo convinti che se mai una major si interessasse a noi lo farebbe per lo stile che proponiamo. Abbiamo già collaborato con major per lavori creativi (non videoclip). Si scopre subito che le loro esigenze sono diametralmente opposte alla sperimentazione e alla ricerca. Il loro modo di lavorare è dettato prettamente da fattori di marketing. Il prodotto non deve essere un rischio e deve rispettare regole di garanzia produttiva. Con questi condizionamenti la creativit‡ tout court non può esistere. Essa deve rientrare in certi parametri di gusto, stile e trend. Ma al giorno d’oggi il gusto cambia molto in fretta e assorbe velocemente anche cose che una volta erano alternative. Il trucco con le major quindi Ë riuscire ad essere creativi e di tendenza. Non facile, nemmeno forse auspicabile, ma comunque [img4]necessario se si vuole collaborare con esse. Vi sono alcuni studi tipo Nexus, studio Aka ecc che, specialmente all’estero ci riescono benissimo, usando la creatività di autori spesso grandi sperimentatori e alternativi. Una speranza quindi c’è.

Festival e concorsi organizzati a livello nazionale danno abbastanza visibilità alle produzioni di videoclip indipendenti?

Diciamo che senza dubbio i festival sono una vetrina importante. Purtroppo, specialmente in Italia, manca praticamente quasi del tutto la categoria videoclip (se non in poche eccezioni vedi MEI, Asolo ecc). In questo modo un videoclip è costretto ha competere nella categoria short con tutte le controindicazioni del caso. Proprio per la sua natura ibrida il videoclip in assenza di una sezione specifica viene quindi spesso accantonato o considerato una stravaganza. In questo modo si escludono le grandi possibilità che invece questo medium espressivo possiede. Noi con i nostri clip partecipiamo anche a festival all’estero, nei quali quasi sempre c’è la categoria videoclip e abbiamo riscontrato che la visibilità viene notevolmente migliorata perchè lo spettatore sa cosa aspettarsi e non si corre il rischio di dover essere confrontati con cortometraggi che hanno problematiche espressive diverse.

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