Speciale su Harmony Korine parte III
JULIEN DONKEY BOY
Julien è un bidello schizofrenico che lavora in un istituto per non vedenti. Parla da solo, immagina un dialogo fra Hitler e Gesù interpretandoli entrambi, ha terribili scatti di violenza e si commuove quando la sorella, dall’altro capo del telefono, finge di essere la madre morta. Suo fratello cerca di diventare un lottatore di Wresling, suo padre beve medicine usando una ciabatta come bicchiere e ama raccontare trame di polizieschi. La nonna, catatonica su una sedia, parla solo con il suo cagnolino. Dove sia realtà e finzione, dove ci sia recitazione o candit – camera non ci è permesso capirlo perché il film è la visione distorta del mondo dal cervello di Julien, il pazzo che sente le voci in testa.
Impossibile anche in quest’opera stabilire una linea narrativa, basta ad esempio leggere alcune recensione per rendersi conto che ogni critico per sintetizzare la trama parla di situazioni diverse tanto che pare che ognuno parli di tanti film differenti. Ma il puzzle di Julien è molto più maturo e frammentario di quello che a prima vista può sembrare un filmino fatto in casa da una famiglia di psicopatici.
Korine concentra la sua attenzione su un nucleo familiare calandoci nel sua realtà senza alcuna prefazione.
Com’è possibile che Julien lavori con disabili?
Dov’è sua madre?
Chi è suo padre? Che lavoro fa?
Tutte le domante che uno sceneggiatore dovrebbe farsi prima di iniziare la stesura di una storia non vengono considerate: per Korine quello che crea veramente il film sono le situazioni che ne nascono sul set. Julien Donkey Boy fa un ulteriore passo avanti perchè i personaggi si muovono su un canovaccio impreciso: tutto nasce dall’improvvisazione e il film non è che un “montaggio emotivo” realizzato su oltre 180 ore di girato.
- Sono uno sceneggiatore che non crede nei copioni. Non sono che un qualcosa di morto, carta e inchiostro sono oggetti inanimati finchè attori e camera non sono davanti a te. Perchè imporre uno script totale nella vita reale?-
Data la natura improvvisata del film anche l’iter tecnico sul set era molto diverso. Trattandosi di un film Dogma, la realizzazione deve sottostare a regole ferree come sonoro in presa diretta, nessun trucco ottico o effetto speciale, nessuna scenografia, camera a mano e nessuna illuminazione supplementare.
Korine porta all’eccesso tutto questo creando, con l’aiuto di Antony Dod Mantle (già direttore della fotografia di Festen) un immagine ai limiti della comprensibilità (desaturata e sgranata) e utilizzando tutti gli effetti delle telecamere digitali come fermi immagini, shutter, strombo e sovraimperssioni.
Il metodo di regia si avvicina molto a quello utilizzato nella scena della “lotta con la sedia” di Gummo. Il direttore della fotografia copriva tutto il raggio d’azione degli attori con molte telecamere maneggevoli piazzandole lontano su cui erano montate ottiche molto lunghe. Ogni telecamera era poi collegata ad un videoregistratore DigitalBeta. Altre mini-telecamere spia (comprate in negozi di sorveglianza) erano piazzate ovunque, persino nei vestiti e negli occhiali degli attori. In una scena c’era da quattro a venticinque macchine da presa (un sistema simile a quello utilizzato dal Von Tirer per “Dancer in the dark”) e tutte le scelte estetiche venivano poi eseguite in montaggio.
Questo metodo imponeva molto tempo per attrezzare la scena (naturalmente nessuna illuminazione esterna era utilizzata) ma dopo questo gli attori erano liberi di muoversi ed improvvisare senza preoccuparsi di essere e non essere sotto la luce giusta. Il regista/sceneggiatore ha quindi un ruolo diverso a quello classico, deve solo organizzare la scena e poi lasciar far tutto all’improvvisazione degli attori all’interazione con i passanti.
Il montaggio contiene poi anche campionamenti video, un ritmo mentale simile a quello sonoro del drum’n’bass.
- Con Gummo avevo già sperimentato l’estetica del video e la libertà che ti concede. Si parla di una rivoluzione digitale più che altro correlata all’abbattimento dei costi, questo non mi interessa. Io non sono un produttore. Vedo nel video una maggiore intimità e mi piace lavorare con pochi tecnici. Le scene girate in questo modo sono le più riuscite perché questa sensazione di “confidenza” trasuda nella pellicola. -
Dieci anni fa il cinema e televisione comunicavano con linguaggi distanti e distinti. Oggi il linguaggio del video è entrato in quello cinematografico, e la televisione imita il cinema con spettacoli in cinemascope e simulazione di pellicola. In questo caos mediatico Il modo di girare con la camera a mano emozionale/emozionata delle “onde del destino” di Von Trier e anni prima la nouvelle Vogue (attacchi in asse, scavalcamenti di campo, piccole troupe) hanno ormai costruito un linguaggio nuovo che comincia a dare cenni di cedimenti: Irreversibile e Dancer in the Dark ne sono chiari esempi. Korine non è patinato come il film francese né pateticamente melodrammatico come il musical di Von Trier e spinge ai limiti il linguaggio del dogma (e del video) esasperandone ogni tratto. Come ama dire lui, ha creato qualcosa di nuovo.
- Per me il grande artista cinematografico è quello che riesce a non far percepire la sua mano. Quando ad esempio guardo la “passione di Givoanna d’Arco” di Dreyer io no vedo i meccanismi, non sento il pensiero del regista, è come se il film provenisse dal cielo. Questo è il suo senso di realtà. Vorrei fare film come questo e andare oltre: io ho usato telecamere nascoste, sugli alberi, dietro le finestre e gli attori non sapevano da dove fossero ripresi. Non è più girare un film ma un’esperienza cinematografica. Da parte mia dovevo piazzare trenta telecamere e fare in modo che gli operatori non si riprendessero tra di loro, fare il regista diventa molto simile al giocare una partita a scacchi. -
Le situazioni ruotano intorno alla figura di Julien, ispirata allo Zio di Korine: -Inizialmente volevo mio Zio come protagonista ma è in uno ospedale psichiatrico da 25 anni. Le sue condizioni mentali sono molte serie. Indossa i pantaloni al contrario, salta dalla finestra e si fracassa le anche, sente le voci nella testa e cerca di uccidermi. La cosa che mi ha colpito di più è che è stato normale sino a 21 anni poi ha cominciato a sentire le voci e penso sempre che la mia mente possa finire come la sua. Ewan Bremner, che lo ha interpretato, ha passato cinque mesi con lui in un ospedale psichiatrico .-
Accanto al cast principale si muovono attori inconsapevoli e disabili come ciechi, persone menomate che contribuiscono a questo cupo ritratto di malattia mentale senza vie di uscita. – Puoi mostrare tranquillamente Tom Hanks che balbetta o Dustin Hoffman che fa il suo “Rain Man” vincendo l’oscar interpretando teneri e amabili disabili. Questo mi fa arrabbiare perché se mostri qualcuno che urla ed ha paura perché sente delle voci nella testa e si prende a pugni e si schiaffeggia allora stai facendo del voyeurismo o stai sfruttando disgrazie altrui. Per me questo è molto di più.-
Questa scelta di affiancare disabili e attori che interpretano persone con problemi psicofisici rapportando la tragedia di qualcuno all’intrattenimento di un altro ha scatenato diverse discussioni. Korine è molto chiaro sull’impostazione del suo cinema e risponde seccamente con una risposta che è solo provocazione:
- Se mai dovessi fare un Western e un cavallo muore perché io gli ho chiesto troppo non verserò una lacrima perché è morto per un mio ordine. Piangerei solo se il cavallo morisse lontano dalla macchina da presa. Il cinema sostiene la vita, cattura la progressione della morte. In questo modo il cavallo muore per il mondo come ha fatto Cristo. Nel cinema bisogna dare il sangue: il film suonerebbe falso se sul set, alla parola “cut”, Ewann Bremmer si rilassasse e chiedesse un cappuccino. Mentre lavoro non riesce ad avere relazioni sociali, non sono neppure in grado di allacciarmi le scarpe o rifare il letto .-
Girare un film consuma la vita. E su questo concetto, portato nuovamente all’esasperazione decide di costruire il suo progetto successivo.
FIGHT ARM
Tra Buster Keaton e uno Snuff Movie.
Fight Arm non vedrà mai la luce come era stato concepito. Un errore di calcolo impedisce ad Harmony Korine di portare a termine questo progetto che del cinema ha perso tutte le caratteristiche. I più critici giudicano Fight Arm solo una trovata pubblicitaria per fare apparire il suo autore sempre più bizzarro e folle. Che si tratti di una pagliacciata, di uno scherzo stupido o di follia geniale lo si potrà scoprire solo quando le immagini girate da Korine verranno mostrate.
La sceneggiatura è costituita da due regole ed uno obiettivo, come se si trattasse di un gioco.
Scopo: provocare la violenza in qualsiasi etnia e sesso.
Regola uno: nessuno può fermare la lotta a meno che uno dei due contendenti non sia in pericolo di vita.
Regola due: il provocatore non deve tirare mai il primo pugno.
Ed è Korine stesso che, in Gramercy Park, gira seguito da telecamere nascoste e si avvicina alle persone scippandole o insultandole cercando di farsi picchiare a sangue. E c’è una terza regola: le persone che lui provoca devono essere più grosse e forti di lui.
- Ho combattuto contro due enormi lesbiche, un arabo, un negro e sono stato devastato di botte da un portoricano.-
Nelle intenzioni del regista Fight Arm sarebbe dovuto essere novanta minuti di violenza pura per creare il film più divertente mai girato, un incrocio tra Buster Keateon ed uno snuff movie. Secondo Korine ridere è tragedia, il film è l’esasperazione della gag in cui un ragazzo scivola su di una buccia di banana. Ed è Korine stesso in un impulso autodistruttivo che si è fracassato due costole per mostrarci il nostro cinismo ed il nostro Voyeurismo.
- Ogni combattimento durava all’incirca quattro minuti, cioè fino a quando uno dei due perdeva la conoscenza o non si poteva più muovere. Ho fatto circa quindici combattimenti e gli ho montati. Sono quindici minuti di brutalità continua e ma per ora sono venticinque minuti e dovrei fare altri 60 combattimenti per completarlo. Non penso, fisicamente, che il mio corpo possa farcela. La vita non è Rocky.-
LIBRI, VIDEOCLIP E PROGGETTI FUTURI
La vita è una questione di estetica.
“A Crack up at the race riots” è il libro pubblicato da Korine in America dalla Main Street: un concentrato di mini storie, domande, false lettere di suicidi. Un insieme di appunti tagliati ed incollati in maniera forse casuale che balzano dalla genialità alla provocazione gratuita, da idee innovative e ingegnose ad appunti scritti solo per prendere in giro il lettore. Essenziale e non-sense, non è altro che un’altra sfaccettatura [img4]del mondo di Harmony Korine. –Non so che cosa voglio dire, posso solo parlare di un estetica totale. Posso disegnare una sedia, posso ballare il tip-tap, scrivere un opera lirica, andare nel mio bagno ed impiccarmi: tutto fa parte della mia persona, delle mie idee. Tutto è un unico pensiero. Un estetica, insomma.-
Interessato da sempre a Macaulay Culkin ed alle attenzioni che dedichiamo al culto ossessivo alle celebrità, agli enfant-prodige e alla loro evoluzioni in adolescenti Harmony Korine usa Il piccolo attore di “Mamma ho perso l’aereo” come protagonista insieme alla sua compagna del video “ Sunday ” dei Sonic Youth (scaricabile dal sito www.sonicyouth.it). Qui Culkin appare come un essere effeminato che ha perso il suo sessi e il suo ruolo: in un lungo rallenty si tinge la bocca con un rossetto carminio, si toglie un cappello, si guarda triste allo specchio.
Korine scatta anche centinaia di foto a Culkin che poi fotocopia ingrandendo, rimpicciolendo ed eseguendo collage e patchwork. Il lavoro è finito anche su di un libro “The Bad Son”, ordinabile per oltre 100 Euro alla Paperback.
Oltre ad alcune provocatorie videoinstallazioni in alcune mostre d’arte ( Il diario di Anna Frank parte 2 in cui in tre schermi mostrava un loop con una down che nuota in piscina e un uomo che seppellisce un cane morto) Korine sembra avere in progetto un film su tre storie di Milton Berle e forse un adattamento sul suicido di ian Curtis dei Joy Division. Ovviamente nessuna voce certa, solo un piano di estetica totale:
- Il mio è un cinema apolitico: quando lavoro su di un idea quello che mi interessa è creare qualcosa di originale. Ho 25 anni e delle cose da dire. Se penso al sesso e all’amore penso che siano altre forme di sofferenza, non per questo penso che la speranza non esista. Probabilmente non è nella vita reale ma proprio nel cinema. E’ per questo che ho la necessita di creare un altro mondo.”
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