Anelli? Quali Anelli?
Volendo iniziare con la sintesi della trama dell’intera trilogia de Il Signore degli Anelli per chi ne è completamente a digiuno si può procedere grossolanamente così: Il bene da una parte, il male dall’altra e un antico anello tanto potente quanto pericoloso in mezzo. Frodo, un hobbit (insomma un mezz’uomo) ne è l’attuale e del tutto occasionale proprietario ed ha ricevuto da un collegio di saggi l’incarico di recarsi nelle oscure terre di Mordor (dove l’anello è stato forgiato) per distruggerlo prima che cada in mani sbagliate, mentre le armate dei malvagi Sauron e Saruman si preparano ad una guerra totale. Credo di dovermi anzitutto scusare con gli intenditori per l’approssimazione, e in secondo luogo credo che sia necessario mettere in guardia chi sciaguratamente non avesse visto il primo film, la Compagnia dell’Anello, e non conosce a puntino la storia: molto probabilmente non capirà nulla e le sue vane domande durante la proiezione saranno zittite con disappunto. Meglio documentarsi prima. Se nonostante tutto ci si vuole svagare con una pellicola colossale, epica, cruenta, con una fotografia fantastica e molti effetti speciali allora niente da dire, lo spettatore trova quello che cerca, è probabile che si esalti, e magari andrà pure alla ricerca del libro da 1080 grammi e 1350 pagine, che tutti iniziano e pochi finiscono ma che tutto sommato è di lettura veloce. Per chi invece il libro lo avesse già letto prima di entrare al cinema, il film (che si preannuncia campione di incassi) non riserva nulla di buono, soprattutto per gli affezionati del genere. Lo spirito sembra cambiato dal primo episodio e, anche se i 3 film sono stati girati contemporaneamente, nelle 2 torri non si ritrova l’ortodossia riscontrata nella Compagnia dell’Anello. E’ sottointeso che dover ridurre il suddetto libro-mattone a “sole” 9 ore complessive di messa in scena comporta delle necessarie semplificazioni. E infatti, seppur a malincuore, non c’è stata insurrezione di fronte alla cancellazione di un personaggio solare e accattivante come Tom Bombadill dal primo film, che in generale brillava per fedeltà spesso anche nei dialoghi. Ma un conto è semplificare e un conto è inventare di sana pianta, come purtroppo si è costretti a vedere nelle 2 Torri. Almeno una dozzina sono le occasioni di perplessità, dalle più ingenue a quelle più gratuite e immotivate. La più intrusiva è forse la storia d’amore a distanza tra l’erede al trono di Gondor, Aragorn e l’elfo (donna però) Arwen che nel libro ha uno spazio del tutto marginale e che nel film giustifica addirittura una battaglia, in realtà mai avvenuta, tra i nostri eroi e dei lupi mannari giganti. Durante la battaglia Aragorn è disperso e dato per caduto ma viene tratto in salvo grazie ai poteri elfici della ragazza che guiderà un cavallo in suo soccorso e lo ricondurrà dal resto degli amici, guarendolo con il suo amore.Ma si può andare avanti. Tra i personaggi chiave del secondo libro ci sono gli Ent, gli antichi e sapienti pastori degli alberi, ormai somiglianti a delle piante pure loro ma ancora lucidi e, sebbene in pochi, desiderosi di riscattarsi. La tematica ambientalista di cui sono latori, che fu di Tom Bombadill nel primo film, è presentata in modo molto dimagrito e tutto il fascino e la potenza di questi esseri viene inghiottita dai rimaneggiamenti. La guerra combattuta da un’immensa foresta che si sposta annientando spietata i malvagi Uruk-hai che assediavano gli uomini di Rohan diventa la guerra di migliaia di cavalieri e agli Ent viene riconosciuta solo la vittoria nello scontro ad Isengard. In compenso nella battaglia finale compaiono addirittura dei battaglioni di elfi, inseriti del tutto arbitrariamente dalla fantasia del regista. E se il film a parte tutto appare pieno di epica e di gloria guerriera, non c’è paragone con quanto si può leggere nelle pagine del libro. Che nostalgia per le vecchie parole su carta dove Aragorn impiegava non meno di mezza pagina per finire di pronunciare il suo nome, dilatato a dismisura da titoli nobiliari e casate di appartenenza, incutendo rispetto e deferenza. Nel film è un cappellone come gli altri. Stessa sorte per la sua spada, la leggendaria Anduril, la spada dei re che fu rotta e riforgiata. Gridando il suo nome e sollevandola da terra essa, secondo il tomo, mette in fuga molti nemici, mentre il grande Corno della fortezza di Helm, suonando terribile nella vallata, fa gelare il sangue nelle vene di 10.000 orchetti, molti dei quali si gettano in terra divincolandosi. Episodi travisati ed occasioni perse per esaltare il pubblico in sala. Si potrebbe dire anche dei giganteschi e mitologici Olifanti che nel film diventano nientemeno che degli elefanti, della capitale del regno di Rohan, Edoras, la città del Palazzo d’Oro che diventa un villaggio di capanne, degli spostamenti fittizi di Frodo prigioniero di Faramir, ma è meglio fermarsi. Per fortuna i paesaggi Neozelandesi sono mozzafiato e gli interpreti non male, con un riconoscimento particolare da tributare al lavoro svolto per ottenere un Gollum da Oscar anche se diviso nella sua essenza reale-digitale oltre che in quella che lo contraddistingue di malvagio-non malvagio.Insomma, vero è che il film è una cosa a sè stante rispetto al libro, ma in un caso come questo non si capisce la necessità di certe trovate. Il giudizio rimane sospeso.
A cura di Lorenzo Lipparini
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