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cultura dell'immagine e della parola

Labbra

Leggere e languide le labbra leccano i confini del mio viso.
La lingua ad arco contrasta le dune che le labbra disegnano dentro la pelle.
Sono come serrande alzate che pronte si dischiudono per darmi parola. La parole sono solo immagini, solo sapore, sentimento e si schiudono in calligrafia e non in voce.
Un cubetto di ghiaccio si spande intorno alla pelle rosa e spugnosa del labbro superiore. Un gesto che in tv è tanto freddo quanto freddo è il limite della visione senza concreta percezione.
Vedo solo questo cubetto che spande freschezza. Ed è quella duratura polare che vorrei asciugare con le mie labbra. La pubblicità finisce e uno scatto cancella quel fotogramma. Ne incomincia uno della lines: si cambia polo, si naviga verso sud, ma io rimango su al fresco.
Andrò a comprarmi una vodka keglevich alla liquirizia e proverò anch’io a bagnare le labbra.

Pesante e opprimente è però il mio occhio che scruta e naviga intorno ai confini delle ciglia.

Le sopracciglia ad arco limitano i peli ritti che si alzano per l’emozione-erezione.
Sono come finestre chiuse che si riparano dalle antenne pesanti sui tetti. Le immagini che vedono sono di due donne in due film antitetici, due labbra che scandiscono duemila parole: ragazze interrotte, hell’s kitchen.
Angelina sa usare la bocca come braccia in entrambi, come mani che prendono vasi per farli cadere a terra. Sento il rumore dei cocci, sento le urla della paura.
È possibile che un corpo sia addormentato, ma sempre vivo? Vivo perché le labbra sembrano vive?
Angelina è stesa sul letto, è stata chiusa in una camera scura, e lei oscura, è immobile, anche se la bocca sembra che dica “ci sono” , “ci sono e ti sussurro io esisto perché posso ancora parlare”.
“basta vedere e sentire. E immaginare” le sussurro io.

Dolce e drastico le mie dita toccano il pulsante della radio. Parte la musica, schiaccio la numero sette di “beatiful garbage”.
Le orecchie allora si schiacciano verso il retro della mia testa.[img4]
Sono come orecchie d’asino che cercano la propria carota. Shirley Manson è a metà canzone e sento, sulla sua voce, le ”cherry lips” di cui parla.
Vai, Circe, vai verso quello che più desideri e non ti fermare neanche con le tue lunghe unghie, né senza il gloss sulle tue dolci e profumate e “ciliegiose” labbra uniche.
E mi sembra di unire il canto delle parole in canto delle immagini.
È così mi sembra di dare un senso, e così mi permetto di unire il mio pensiero in culture di immagini e di parole…

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