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cultura dell'immagine e della parola

Lido amaro

La cinquantanovesima Mostra del Cinema si è chiusa trascinandosi le prevedibili e dovute polemiche sui nomi dei vincitori. Le passerelle sono passate, fiumi di commenti su film e (soprattutto) personaggi sono stati versati senza lasciare alcun segno. La kermesse si è conclusa e i suonatori se ne vanno. Si smontano le sale di proiezione, si fanno i bagagli e gli abitanti del Lido tornano alla loro quiete sospesa.
A giochi fatti si tirano le somme e si guarda all’operato di questo famigerato neo direttore (che non dovrebbe essere riconfermato) Moritz De Hadeln, nominato a soli quattro mesi dall’inizio delle danze, e, in generale, a come sia andato questo festival. Gli spettatori navigati che vantano anni di partecipazioni alla Mostra ci hanno ormai fatto il callo, ma quello inesperto che arriva carico di aspettative è destinato ad amare delusioni. Chi vi scrive rientrava nella seconda categoria e come molti altri si è trovato nella triste posizione del bambino a cui rivelano che Babbo Natale è un alcolizzato e ogni anno mette in scena la farsa natalizia per pagarsi i debiti. Molto triste. Triste è stato trovarsi (più di una volta) in fila da un’ora e non vedere il film perché gli accreditati di serie B (cioè tutti quelli che non sono appartenenti alle categorie Press e Industry) dovevano cedere il posto agli spettatori giornalieri (i cosiddetti paganti). Triste è stato considerare che dopo dieci giorni di visioni (circa sei al giorno) soltanto una decina di film non ha subito un’interruzione durante la proiezione, e che in alcuni casi la pellicola non è stata nemmeno portata a termine. Incidenti di percorso, direte.
Potreste anche aver ragione e non staremo ad allungare l’elenco dei commenti pro o contro De Hadeln. Diciamo che oltre alle polemiche politiche che hanno ampiamente focalizzato l’attenzione dei commentatori si doveva forse dare più importanza a problemi rilevanti sulla gestione complessiva dell’evento, problemi che, abbiamo valutato, si trascinano da anni.
Triste, insomma, è stato soprattutto rendersi conto quanto questo blasonato festival internazionale del cinema fosse poco mostra d’Arte e tanto vetrina e fabbrica di denaro. Sono le leggi del mercato, direte. Già, andatelo a raccontare ai bambini che credevano a Babbo Natale.

VENEZIA 59

Leone d’Oro
Magdalene di Peter Mullan

Gran Premio della Giuria
La casa dei matti di Andrej Konchalovsky

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile
Stefano Accorsi per Un viaggio chiamato amore di Michele Placido

Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile
Julianne Moore per Far from Heaven di Todd Haynes

Premio speciale per la regia
Lee Chang-dong per Oasis

Contributo individuale
Ed Lachman per la fotografia di Far from Heaven

Premio “Marcello Mastroianni” a un giovane emergente
Moon So-ri per Oasis

CONTROCORRENTE

Premio San Marco
Springtime in a Small Town di Tian Zhuang Zhuang

Premio Speciale della Giuria
A Snake of June di Shinya Tsukamoto

Menzione Speciale della Giuria
Pubblic Toilet di Fruit Chan
La virgen de la lujuria di Arturo Ripstein

Premio Venezia Opera prima “Luigi De Laurentiis” – Leone del Futuro
Due amici di Spiro Scimone e Francesco Sframeli
Roger Dodger di Dylan Kidd

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