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Zeffirellate

Zeffirellate

Doveva essere un testamento spirituale del regista nei confronti della sua amica Maria e in teoria doveva dare una nuova chiave di lettura del personaggio Callas o almeno questo si ipotizzava dal momento in cui Franco Zeffirelli ha comunicato di voler dirigere un atto d’amore per il soprano greco. L’ambizioso regista ha qualche difficoltà a trasferire sul grande schermo quella personalità complessa e forse anche per questo così intrigante di Maria Callas, icona per eccellenza della lirica “drammatica”. Forse proprio da grande appassionato quale è, Zeffirelli non riesce a separare la passione e la devozione per la sua grande amica da un lato, e un linguaggio cinematografico appropriato dall’altro. Sulla carta infatti sceglie una storia atipica rispetto ad un ritratto di biografico “tout court”, ma nella realizzazione il regista concede troppo a scelte improbabili (frasi del tipo:”si sa la donna è mobile” ed altre ancora) e oleografiche , cinematograficamente parlando. Egli infatti già amante delle vite di grandi estinti (vedi Gesù di Nazareth o il giovane Toscanini) in questo caso punta molto sull’abile istrionismo dei suoi attori e attrici, prima su tutti Fanny Ardant. Il nucleo centrale del film si traduce in un quesito: è etico nei confronti del pubblico e dell’arte stessa riprodurre in maniera artificiale ciò che arte non è più(ed in questo caso la voce dell’artista ormai sfiorita)?
Il film si apre con un Jeremy Irons, francamente imbarazzante, versione manager di un gruppo metal con tanto di codino e amante pittore al seguito (quest’ultimo si rivelerà essere il personaggio più inutile del film). Il personaggio di Irons vecchio amico della Callas propone al soprano un progetto affascinante: girare in studio una nuova versione della Carmen di Bizet il tutto mixato con una registrazione della divina, nel momento del suo massimo splendore artistico.
Maria ormai da molti anni vive nel più stretto riserbo circondata dai ricordi-fantasmi del suo passato (da Medea a Violetta) e dalle foto del suo grande amore Onassis. L’avventura della Carmen è affascinante e potente così come la resa visiva del regista, e la passione fatale del sottufficiale Don Josè, disertore per amore, per la sensuale sigaraia Carmen(che innamoratasi del torero Escamillo pagherà la sua infedeltà con la morte) sono i momenti più suggestivi di un film che presenta non poche mancanze e che regge su una Fanny Ardant che rende palpitante una personaggio così istrionico.

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