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Il cinema secondo Soderbergh…

Il cinema secondo Soderbergh…

Una giornata nella vita di sette persone, tutte immerse nel loro lavoro e impegnate a non urtare gli equilibri delle loro amicizie. C’è il classico produttore di successo (D. Duchovny); che molti sognano di avvicinare; l’attore di grido che concede l’intervista a una giornalista (J. Roberts). E poi c’è il set del film “Rendezvous”, unico filo conduttore della storia. Per la serata, infine, l’invito alla festa di Gus, il produttore, al termine di una giornata ricca di equivoci e imprevisti.
Soderbergh, regista capace ma discontinuo, tenta la carta della rappresentazione del film nel film. Sebbene la tecnica impiegata sia tutt’altro che nuova, Full Frontal sembra partire bene, con la trovata iniziale della presentazione dei protagonisti/attori. Peccato, però, che allo scadere delle due ore lo spettatore lasci la poltrona stordito, chiedendosi: “Ma che film ho visto?”
Il regista cerca di affascinare con il formato in 35mm, ma la trama è a tratti fumosa e, alla fine, poco accattivante. Rispetto al discreto “Erin Brockovich”, film per il quale vinse il suo primo Oscar, questo muove un passo indietro per la Roberts, che ha perso molta della sua grinta; i personaggi, poi, sono stereotipati e privi di spessore, mentre le scene indovinate sono davvero poche. Gli attori sono animati da buona volontà, anche se spesso danno l’impressione di girare a vuoto, e la presenza di star come Brad Pitt e la stessa Roberts non giovano al risultato finale. Tuttavia, il film è salvato dalla confezione dignitosa e da alcune soluzioni spiritose (originale, a suo modo, l’Hitler di Nicky Katt); ma a destare le maggiori perplessità è, come spesso accade nei film troppo ambiziosi, la sceneggiatura, a volte ridicola: “Confondi le stravaganze di una persona con lo stupore di uno stuolo di Labrador che fissano un Picasso.”
Il tanto pubblicizzato scandalo sbandierato nei mesi scorsi non c’è stato; piuttosto la proiezione ha lasciato allo spettatore la sensazione di aver assistito a una trovata pubblicitaria costruita a puntino. Da uno come Soderbergh era lecito aspettarsi qualcosa di più. Come in “Delitti e segreti” (1991); un’altra occasione sciupata. Ma questa volta, a reggere il film non c’è un gruppo di attori del calibro di J. Irons…

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