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Irreversibile violenza

Irreversibile violenza

Devo essere stato uno delle poche persone (trentina); che si è trovato alla prima di un film, solo per una certa curiosità, quella curiosità maniacale… come può essere la scena di uno stupro della Bellucci? Ma soprattutto come potrà mai recitare in un film del genere?

Sono nella fila di quelli che l’hanno amata in “L’apartement”, e che la adora ancora come monumento alla fotografia (una su tutte la foto del calendario Pirelli).
Al contrario davanti a me c’è la fila di chi non la sopporta e non vede l’ora di uscire dalla proiezione per parlarne disgustosamente (saranno i primi ad andare via a metà film).

Il giorno dopo: il film è degno di una interessante istallazione alla biennale di Venezia; esagerazione e maniacalità di chi sa fare degnamente il proprio lavoro, ma che deve nascondersi dietro inutili barocchismi con un solo obbiettivo, quello di sorprendere e sconvolgere lo spettatore, che rimane realmente accecato da così alta violenza.

L’inizio è sorprendente, perché l’occhio sembra volare come un uccello tra dei palazzi, per poi fermarsi e guardare da un traliccio il protagonista Markus (Vincent Cassel); sdraiato su una barella.
Per fortuna si ferma la ripresa “roteante”, ma incominciano una serie di geniali idee prolisse, troppo faticose allo sguardo.
La prima esuberanza è un film al contrario; difatti si scopre la fine senza aver visto l’inizio.
Poi sorprende nuovamente con la scena dello stupro, autentica e oppressiva, ma infinita. (N.d.A. a questa scena metà delle persone era già sparita. E siamo ai primi venti minuti).
Da qui si dipana la storia d’amore antecedente al tragico epilogo, in un appartamento di amici, poi a casa della coppia Alex (Monica Bellucci) e Markus, e una serie di scoperte che non fanno che aggravare il climax della violenza che abbiamo appena digerito.

Anche lo stato dello spettatore subisce una sorta di emozione al contrario: si scende subito al nono cerchio tra sodomie e pelle sempre più nuda, per poi risalire nel paradiso di musica beethoviana e test per gravide.
La proiezione inizia e finisce con la frase “il tempo distrugge tutto”, cercando di far emergere l’animalità che si imprime sulla persona, quel tipo di animalità irreversibile, non-riparabile.
È un film che stordisce, è di colore nero e rosso come quel tunnel all’inizio; é un film sulla depravazione del sesso e sulle voglie inconscie, sulla mania che cerchiamo di scacciare, sull’altro che è sempre colpevole, e quindi lontano da noi. È un film che ti ricorda periferie lontane, voli pindarici impossibili, ma che in realtà siamo solo capaci di nascondere.

È il giorno dopo però, e penso di essermi dimenticato dei venti minuti di profonda violenza non nascosta, di denti che vengono facilmente spaccati, di follia pura e inconscia, ma pur sempre inconscia.

Concludo. Se volete vedere il film fatelo. A patto di portarvi un libro e una lucina tascabile se la ripetizione vi dà noia, o una coperta se non vi prendono le inutili pretese di chi vuol mostravi quel lontano inconscio violento che cercate di reprimere.

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