hideout

cultura dell'immagine e della parola

Tutti gli uomini di Cannes V

Ken Loach

S’iscrive tardi all’università Kenneth Loach (Nuneaton, Inghilterra, 17 giugno 1936). Presta servizio fino a quell’età nella Royal Air Force, esercito di sua Maestà. L’infanzia del regista è intrisa di morte e polvere da sparo. Una vita traballante segnata da continui spostamenti per sfuggire ai bombardamenti nazisti. Ma è proprio all’università, la St. Peter’s Hall di Oxford, che Kenneth parteciperà fino alla laurea in legge come attore negli spettacoli di un gruppo teatrale studentesco. Le prime esperienze in regia, come assistente, le trascorre nel ’61 presso il Northampton Repertory Theatre. Poi nel ’63 entra come tirocinante alla BBC. E da questo momento comincia a raccontare quello che sa fare meglio: la crudezza della realtà sociale, priva in alcun modo di sbavature retoriche o ideologiche. Tra le sue numerose regie televisive va ricordata infatti “Cathy Come Home” che causerà direttamente una modifica delle leggi britanniche sui senzatetto.Ken Loach
Il suo primo film per il grande schermo, “Poor Cow” Ken lo gira nel ’67; seguirà Family Life (‘71); con la straordinaria Sandy Ratcliff, che mette in luce un clima di alienazione e di castrazione tipico della classe media inglese e che denuncia la cecità e l’ottusità della struttura socio-assistenziale di quel paese (tema ricorrente anche in altri film di Loach). Il resto degli anni Settanta e Ottanta è una parentesi televisiva intermezzata nella produzione da alcuni lungometraggi (fra cui spicca Fatherland e l’adattamento del romanzo per bambini Black Jack). Durante gli anni di governo di Margaret Thatcher, realizza diversi documentari per la televisione (i più noti sono quelli girati nel 1984 durante gli scioperi dei minatori); molti dei quali non sono mai andati in onda in tutta Europa per evidenti ragioni politiche. I primi anni 90 vedono il ritorno di Loach al cinema. Nel ’90 “L’agenda nascosta” è il vincitore del Premio speciale della giuria al Festival di Cannes. Nel ‘92 la sua commedia “Riff-Raff” vince il Felix per il miglior film europeo. Da molti ritenuto il suo capolavoro è un film di lotta sulle drammatiche condizioni di lavoro degli operai inglesi nel periodo di regime Thatcher. Nel film compare anche l’attore Robert Carlyle (Trainspotting – Go Now – Full Monthy) presente anche in film successivi (il conducente d’autobus Gorge nel film “La canzone di Carla” 1996). Nel ‘93 vince il Premio speciale della Giuria al Festival di Cannes con il vibrante “Piovono pietre”. I successivi “Ladybird Ladybird” (1994) e “Terra e libertà” (1995); Premio internazionale della critica nel 1995 e ancora una volta Premio speciale della giuria al Festival di Cannes, non aggiungono che gloria ad un regista d’indiscutibile qualità. Dopo la pellicola “My Name Is Joe” (1998); il regista inglese ha diretto “Bread and Roses” (2000); con Pilar Padilla e Adrien Brody, il suo primo film girato negli States.
Quest’anno approda sulla croisette con il tenero e ironico “Sweet sixteen”, che, con la prossima pellicola in programma, farà parte della ‘trilogia di Glasgow’. Il film è un’idea che ha come punto di partenza il suo film del ’96 “My name is Joe”. La sceneggiatura (oggi come allora) è affidata alla penna di Paul Laverty (Bread and Roses, La canzone di Carla). Questa volta però i rapporti interpersonali, la famiglia e l’amicizia, lasciano sullo sfondo la tessitura socio-politica sempre cara a Loach.

Jia Zhang Ke

Di Jia Zhang Ke probabilmente conosciamo, oltre a “Platform”, solamente la sua nuova opera presentata a Cannes, ovvero il film “Ren xiao yao”. Questa pellicola, al cui contenuto si affibia la categoria di “film drammatico”, cela in realtà il perfetto svolgimento della commedia.Jia Zhang Ke La storia si svolge a Datong, cittadina più vicina alla Mongolia che a Pechino, dove la gioventù locale viene tratteggiata seguendo i contorni del contemporaneo sviluppo socio-economico cinese in preda al più totale asservimento nei confronti del modello capitalistico occidentale. I valori che emergono sembrano essere unicamente legati a quelli della borsa, gli interessi a quelli del consumismo, i sentimenti labili e confusi.
Le critiche non sono mancate, nonostante la fama del regista sia legata unicamente al suo “Platform” (che però aveva convinto). La più feroce tra le voci di commento si è spinta a considerare questo nuovo lavoro un mero surrogato di esperimenti occidentali poco riusciti. Altre, si sono contenute mediando il positivo del film costituito da notevoli e suggestive immagini paesaggistiche con il negativo rappresentato da “vitelloni post comunisti” che bramano di raggiungere il sempre verde mito americano del “bell’ apparire”.
Una voce, forse la più sconsolata, esprime delusione di fronte a quest’ ultima prova tacciandola di manierismo, ricordando Zhang Ke per la sua perduta genialità di fondatore della prima struttura di produzione indipendente del cinema cinese.

Nicole Garcia

E’ di produzione tutta francese il nuovo film presentato a Cannes di Nicole Garcia: “L’ adversaire”. L’ interesse che ha suscitato è in parte legato alla vita stessa della regista, colma di esperienze cinematografiche accanto a illustri nomi del cinema francese.
Nicole Garcia è nata in Algeria nel 1948. Ancora giovanissima ha frequentato il “Conservatoire national d’ art” e ha interpretato numerose pièce teatrali.Nicole Garcia Il suo esordio nel mondo del cinema è avvenuto con la recitazione di una piccola parte in “Que la fete commence ” di Tavernier nel 1974; ma per avere il ruolo di protagonista ha aspettato il 1976 dove ha recitato in “ Duette” di Rivette. Ha poi avuto modo di sperimentare se stessa recitando per registi di illustre fama come: Deray, Pontecorvo, Resnais, Lelouch, Deville.
Il suo primo film da regista è del 1989 e viene presentato in concorso a Venezia. Il suo nuovo film, “ L’ adversaire “ è tratto dall’ omonimo romanzo di Emanuel Carrere di contenuto altamente drammatico: il 9 gennaio del 1993 Jean Claude Romand uccide moglie e figli, in seguito tenta il suicidio. Questa è la premessa da cui si sviluppa la storia narrata che rappresenta la tragedia di quest’ uomo che, oltre ad aver eliminato la famiglia, ha sempre vissuto nella menzogna di professare come medico, pur non essendo assolutamente qualificato come tale. La sua vita da questo momento è contrassegnata dall’ odio feroce nei confronti di tutti coloro che nutrono stima nei suoi confronti, quasi a voler eliminare proprio se stesso, o quella parte di io che non riesce più a sostenere la bugia.
L’ ottica della Garcia non è psicologica, ma è un punto di vista tragico dove la volontà umana soccombe al fato lasciandoti alla fine un senso di vertigine per l’ impossibilità di attribuire un senso alla terribile storia.
Tra i suoi film da regista ricordiamo :”Un week end su due” del 1990 , “Le fuggitive” del 1996 e “Place Vendome” del 1999 dove recitano le bellissime attrici francesi Deneuve e Seigner.

Roman Polanski

Vincitore della Palma d’oro 2002, con il film “The pianist”. Sotto lo pseudonimo Polanski, Roman Liebling nasce il 18 Agosto del 1933 a Parigi da una famiglia di emigrati polacchi, che si trasferisce a Cracovia due anni prima dell’ avvento della seconda Guerra Mondiale. Quando i nazisti arivano in Polonia, tutta la famiglia viene rinchiusa in un ghetto. Nel 1941 sua madre viene prelevata dalle SS e deportata ad Aushwitz, dove morirà. A sette anni fugge dal ghetto di Varsavia, aiutato dal padre. Riesce a sopravvivere nonostante sia preso di mira da un gruppo di soldati tedeschi che si diverte a prenderlo come bersaglio.[img4]
Dopo fughe e una vita difficile, entra alla scuola di cinema di Lodz nel 1957 e intanto lavora come attore. Si diploma nel 1959, dopo aver girato come studente degli originali cortometraggi. Nel 1962 esordisce con il lungometraggio “Il coltello nell’ acqua”. Nel 1965 si trasferisce in Inghilterra per realizzare “Repulsion” che vince l’ Orso d’ argento al Festival di Berlino. Nel 1966 è la volta di “Cul de sac”, premiato con l’ Orso d’ oro a Berlino. Nel 1968, dopo aver divorziato dall’ attrice polacca Barbara Lass, sposa a Londra l’ attrice americana Sharon Tate, che sarà protagonista di “Per favore… non mordetemi sul collo“ (1967).
Il successo continua con il suo trasferimento in America. Qui dirige il film che gli darà notorietà: “Rosemary’ s baby” (1968). Ma il 9 Agosto del 1969 la setta satanica capeggiata da Charles Manson irrompe nella sua villa di Los Angeles e uccide barbaramente la moglie incinta di otto mesi. Gli ci vorranno due anni per riprendersi dallo shock.
Nel 1974 ottiene una nomination all’ Oscar per la regia per “Chinatown”, uno dei suoi film più famosi. Nel 1976 è costretto a trasferirsi in Europa per motivi giudiziari, e gira “L’inquilino del terzo piano” da lui stesso interpretato. Nel 1981 si dedica al teatro, mettendo in scena e interpretando “Amadeus” di Peter Shaffer. Nel 1984 pubblica la sua autobiografia “Roman by Polanski”. Il successo ritorna con “Frantic “(1988); dove Harrison Ford interpreta il ruolo di un medico americano coinvolto dal rapimento di sua moglie. Nel 1992 è la volta del torbido “Luna di fiele “. Nel 1999 torna a giocare con il genere demoniaco, “La nona porta”, interpretato da Johnny Depp. Attualmente è sposato con l’ attrice francese Emmanuelle Seigner da cui ha avuto due figli.
Il suo nuovo film rappresenta una ulteriore ed importante prova registica da cui Polanski trae nuovi riconoscimenti internazionali. “Il pianista”, tratto da “Das wunderbare ueberleben” di Wladyslaw Szpilman, è di genere drammatico e racconta di un brillante pianista polacco ebreo che, confinato nel ghetto di Varsavia, sperimenta sulla pelle sofferenza e umiliazione. Riesce a sfuggire alla deportazione, nascondendosi tra le rovine della città, dove un ufficiale tedesco lo aiuta a sopravvivere.
Polanski alla soglie dei settantanni, riaffronta il tema che lo ossessionava, scegliendo di raccontare le atrocità attraverso immagini nitide, una messa in scena controllata ed un montaggio cronologico e chiaro. L’ inevitabile coinvolgimento emotivo personale, lo spinge tutt’ al più ad indulgere a qualche semplificazione: dare volti bestiali a tutti i tedeschi… Per il resto le scelte “classiche” del film sono una forma di rispetto per la materia.

Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento!

«

»